In crescita le università italiane che sbarrano l’accesso con il numero chiuso. Secondo un’inchiesta condotta da La Repubblica su 25 dei principali atenei pubblici italiani, la scelta sembra essere giustificata non solo da motivi logistici ma anche dal numero dei docenti che, secondo la normativa vigente, deve essere proporzionato a quello degli studenti. Queste sono le principali obiezioni che si oppongono alla proposta avanzata dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, circa la possibilità di introdurre il modello francese che prevede l’ingresso libero e una dura selezione dopo il secondo anno.
Ma ci sono anche atenei in controtendenza, come l’Università di Catania e la Sapienza di Roma che hanno diminuito progressivamente il numero chiuso in relazione al forte calo delle immatricolazioni. Anzi, il rettore Giacomo Pignataro dell’Ateneo catanese ha espresso la possibilità che venga eliminato il numero chiuso anche in altri corsi, dopo aver scelto di abolirlo in ben 16 corsi a numero programmato locale per l’anno accademico 2015/16.
L’università di Torino, dal suo canto, prima ha aumentato il numero programmato, poi, dopo aver osservato che molti ragazzi bloccati dai test si iscrivevano in altri corsi con scarso interesse è ritornata sui suoi passi.
Insomma nonostante il variegato panorama universitario italiano sono sempre gli studenti a rimetterci, soprattutto quelli di modeste condizioni economiche, poiché si sa che per poter superare i test di ammissione spesso sono necessari corsi di preparazione alquanto costosi che rendono, naturalmente, gli studenti più ricchi avvantaggiati. Tutto ciò si ripercuote con gravi conseguenze sul diritto allo studio che oggi a quanto pare non si sa più dove sia finito!
a cura di Ilaria Martorana