In Italia vengono stampati sempre più libri ma si riduce il numero di lettori.
Leggere un libro, cartaceo o digitale che sia, gioca un ruolo fondamentale nella crescita della persona e nello sviluppo di capacità e competenze che altrimenti rimarrebbero non sviluppate, non flessibili o comunque poco efficienti. Leggere libri con regolarità è il modo più semplice per accrescere quello che normalmente viene definito “capitale umano”.
Secondi i dati ISTAT solo nel 2013 sono stati pubblicati 62mila libri, i due terzi dei quali in prima edizione (più 7% rispetto al 2012), per una tiratura di 180 milioni di copie che hanno raggiunto le librerie, le biblioteche, le edicole e le cassette della posta. Parliamo del 2,5% in più rispetto al 2012, un traguardo che si è mantenuto costante anche nel 2014.
Qual è allora la notizia preoccupante? Che il 58,6% della popolazione che ha superato i 6 anni (età in cui generalmente si è capaci di leggere in maniera rudimentale) ha dichiarato di non aver letto nemmeno un libro durante l’arco dei 12 mesi. Un dato sconcertante se teniamo conto della media europea.
Del restante 41,4%, il 45% ha dichiarato di aver letto solo da uno a tre libri; il 14,3% ha dichiarato di averne letti, invece almeno 12.
Oltre ai dati generali, abbastanza preoccupanti se teniamo in considerazione che quanto più una società di considera moderna tanto più il livello culturale dovrebbe aumentare, devono anche essere considerati i dati geografici.
Se nella provincia autonoma di Bolzano la percentuale di lettori è del 54,5%, in Friuli del 53,6% e nella provincia autonoma di Trento del 52, 2%, dati molto più vicini alle medie europee, in Sicilia i lettori sono solo il 26,2%. Un dato sconvolgente.
Difficile è tentare di ipotizzare delle motivazioni. Vero è che tutto il mezzogiorno presenza delle medie sensibilmente inferiori, ma non si può non considerare che la Sardegna, l’isola per eccellenza, presenta una media più alta rispetto a quella nazionale (45,7%).
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