Dal 1987, anno di partenza del programma, ad oggi più di 3 milioni di studenti sono partiti per uno dei Paesi che partecipano all’interscambio e sarebbero nati un milione di bambini da chi si è conosciuto mentre partecipava allo scambio, infatti pare che il 27%, cioè più di uno studente su quattro, ha incontrato il proprio compagno durante il suo soggiorno di studio all’estero. Inoltre più di un quarto degli studenti appartenente alla generazione Erasmus dichiara di aver trovato l’amore durante la permanenza all’estero che può durare dai 3 mesi a un anno.
Il carattere esotico, un posto nuovo, una lingua diversa, le circostanze di certo non comuni, strambe a volte, fanno da sfondo alle storie d’amore nate fra le “coppie Erasmus”, certo, ma anche la voglia di mostrarsi per ciò che si è veramente, il desiderio comune di condivisione, di scoperta e di conoscenza dell’altro, di contaminazione fra i popoli che da sempre contraddistingue i giovani studenti che viaggiano per studio. Un terreno fertile per l’amore, dunque. Una vera e propria “love revolution”, insomma quella ha preso piede da 29 anni a questa parte e che sta cambiando l’identità delle generazioni future, generazioni fatte di cittadini che sono, a pieno titolo, europei, nati da europei.
Ma i dati felici non sono solo questi, risulta che per quanto riguarda le prospettive di carriera, il tasso di disoccupazione degli ex-studenti Erasmus è del 23% più basso a cinque anni dalla conclusione degli studi e chi ha studiato all’estero ha la metà delle probabilità di rimanere disoccupato a lungo termine. Inoltre, il 64% dei datori di lavoro considera un’esperienza internazionale importante i fini della selezione del personale.
E se tante critiche si possono muovere all’Europa, di certo non si può tralasciare di elogiarla per il grande esito del programma di interscambio che non è più solo una semplice opportunità di studio all’estero ma una possibilità di essere cittadini migliori.
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