Da qualche anno a questa parte l’Italia sembra non essere più un Paese per i giovani. 3,3 persone su ogni mille abitanti decidono annualmente di trasferirsi all’estero e a confermarlo sono i dati Istat e lo studio della Fondazione Migrantes, i cui numeri sono maggiori rispetto a quelli che di seguito vi riporteremo. La Fondazione Migrantes ha registrato una fuga di 101.297 giovani con una crescita del 7,6% rispetto al 2013. Ad andarsene sono stati in prevalenza uomini, il 56%, per lo più non sposati, il 59,1%, tra i 18 e i 34 anni, il 35,8%.
Tornando ai dati Istat resi noti dalla Camera di Commercio di Milano e Brianza, il numero degli italiani che decidono di abbandonare il Paese natio per cercare uno stile di vita migliore e, dunque, un lavoro è in continua crescita.
Sempre più numerosi i giovani, appartenenti ad una fascia d’età che varia tra i 18 e i 39 anni, che decidono di chiudere le valige per intraprendere un’ “avventura” all’estero. Il flusso migratorio, stando all’elaborazione dei dati Istat, riecheggia quello degli anni ’50, infatti dopo il Regno Unito, che detiene la prima posizione tra gli Stati scelti, ci sono Germania, Svizzera, Francia e Stati Uniti.
Salta subito all’occhio la provenienza dei cittadini che decidono di trasferirsi, il numero maggiore proviene soprattutto dalle grandi città quali Milano (3,300), Roma (2.450), Napoli (1.885) e Torino (1.653). Il numero dei cittadini che hanno cambiato residenza è salito rispetto al 2012, infatti nel 2014 si è registrato un aumento del 12,7 per cento e di questi la maggior parte è under 40.
Tuttavia si è registrato un calo delle partenze da Milano, il numero è aumentato lievemente arrivando a 451, rispetto a Roma dove il numero è salito a 829, Napoli 757 e Palermo, che alla pari con la Capitale, ha avuto un numero di partenze pari a 829.
Per quanto riguarda le province si è registrato un flusso migratorio maggiore nelle seguenti: Bolzano, Imperia, Trieste e Pavia a cui fanno seguito Foggia, Caserta e Taranto.
Tra le città elencate emergono in modo particolare quelle che rappresentano alcuni dei centri universitari più importanti d’Italia e, di conseguenza, sorge spontaneo chiedersi il perché la politica non si soffermi su questo fenomeno denunciato ormai da tempo da parte dei sociologi e degli economisti. È evidente che il crescente flusso migratorio comporti la fuga dei cervelli che, istruiti in Italia, spendono le loro capacità in altri Paesi. Da un lato questo incide alla spesa pubblica italiana che ha sostenuto le spese d’istruzione, ma dall’altro incide anche sulla qualità degli abitanti del nostro Paese, dal momento che si perdono menti che potrebbero eccellere all’interno del nostro panorama culturale e migliorarlo. Basti pensare che tra questi un alto numero appartiene alla categoria dei medici che, subito dopo la laurea, hanno deciso di partire.
L’Italia sembra perdere coscientemente dei giovani e regalarli agli altri Paesi, senza offrire loro la possibilità di costruire un futuro nei luoghi in cui hanno vissuto e nei quali avrebbero voluto costruire il loro futuro.
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