Tornano in testa alla classifica gli studi in ingegneria e matematica, dopo un periodo in cui il panorama lavorativo è stato costellato da un’ondata di aspiranti artisti. La tendenza, registratasi nei Paesi sviluppati, si fonda su una serie di considerazioni, prima fra tutte quella secondo cui sono l’economia e le relative oscillazioni del mercato a essere influenzati dalla qualità dei lavoratori. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dal think-thank Urban Institute, a cui è seguita l’indagine realizzata da PayScale, società di ricerca a cui spesso fa riferimento l’Economist. Parallelamente alla domanda di laureati, cresce anche l’obiettivo di laurearsi per poter ambire a posizioni migliori.
Ma vediamo da vicino di che si tratta. La ricerca dell’Urban Institute ha mostrato che, partendo dal 1972, anno in cui un lavoratore tra i 25 e i 34 anni, munito di titolo universitario, aveva la possibilità di ottenere un impiego che gli garantisse una retribuzione pari al 22% in più rispetto a un lavoratore senza diploma, al giorno d’oggi tra i medesimi soggetti il gap è salito al 70%. Stando ai dati forniti, risulta essere evidente la spinta propulsiva che un percorso universitario fornisce. Ma lo studio è andato oltre e, grazie al lavoro della società PayScale, è stato calcolato il ritorno di un’educazione superiore nelle università americane. In che modo? Due i termini di paragone posti a confronto: da un lato, gli stipendi incassati durante una carriera lavorativa e dall’altro le spese necessarie per ottenere una laurea. I risultati hanno stupito: infatti, è emerso che il corso di studi prescelto al momento dell’iscrizione conta più rispetto all’importanza e al prestigio che l’università per cui si è optato riscuote. Nulla toglie che le selezioni nei famosi college di livello internazionale potrebbero diventare via via più rigorose, ma al tempo stesso la possibilità di conseguire il titolo è legata più alle materie del piano di studi piuttosto che al nome dell’istituto universitario.
In particolare, gli studenti che possono con più fortuna ambire a posizioni lavorative “migliori” e, di conseguenza, a stipendi più elevati sono coloro che conseguono la laurea in ingegneria e in scienze informatiche. I dati parlano chiaro: in un arco di tempo pari a 20 anni, il titolo che hanno conseguito rende annualmente in termini di retribuzione quanto il 12% degli investimenti a cui sono andati incontro durante la loro carriera.
A seguire in graduatoria troviamo i laureati in economia, per i quali il rendimento del titolo è del 7,8% annuo. Appaiono, invece, potenzialmente svantaggiati gli studenti laureati presso le facoltà umanistiche.
Si tratta di dati in continua evoluzione, che sono influenzati dall’andamento dell’economia e da tutto ciò che a questo macro-settore è collegato, ma si tratta anche di dati di cui forse bisogna tener conto nella scelta di un determinato corso di studi al posto di un altro.