Giuseppe Spadaro, rappresentante degli studenti in seno al Senato accademico dell’Università degli Studi di Catania,
ha scritto una lettera in merito al Crowdfuning come meccanismo di autofinanziamento, affinché l’Università degli Studi di Catania possa farne affidamento.
Riportiamo integralmente.
Troppo spesso si parla di mancanza di fondi, di pochezza di risorse e di tagli al mondo dell’Università e della ricerca. Per ovviare a questa situazione, alcuni atenei italiani hanno deciso di affidarsi al “crowdfunding” per finanziare principalmente progetti di ricerca ed allo stesso tempo per creare comunità attive. Ricordo che il crowfunding consiste nell’utilizzare internet per la raccolta di fondi da parte dei cittadini, infatti, dall’unione delle parole “crowd – folla” e “funding – raccolta fondi” , possiamo risalire alla definizione coniata negli Stati Uniti. La principale innovazione portata dal crowdfunding è rappresentata dal modo con cui vengono utilizzati gli strumenti informatici che giornalmente abbiamo a disposizione: la capacità dei social media di coinvolgere, raggiungere ed emozionare un vasto numero di persone è elemento essenziale per ottenere un finanziamento attraverso una campagna di crowdfunding. Vi sono circa 54 piattaforme di crowdfunding presenti in Italia di cui 41 attive e 13 in fase di lancio. L’unico vero ostacolo per lo sviluppo di tale pratica, è la scarsa conoscenza del fenomeno.
Il modello di finanziamento dal basso che prevale in Italia è il donation/rewards, che permette di partecipare al finanziamento di un progetto di ricerca in cambio di un premio o di una specifica ricompensa non in denaro (come un gadget, un prodotto o un meeting con il creatore dell’idea). La maggior parte delle piattaforme si trova nel Nord Italia, fondatori e soci hanno generalmente un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni.
L’Università di Catania potrebbe prendere spunto da “Universitiamo”, la piattaforma di crowdfunding lanciata dall’Università degli studi di Pavia, che nell’ultimo anno è riuscita a finanziare ben 4 progetti. Nonostante le difficoltà, anche in Italia si può fare bene e si può innovare, infatti, in questo l’Italia si mostra più intraprendente persino rispetto ad università statunitensi, dove le piattaforme di crowdfunding sono gestite da terzi o riguardano aspetti specifici.
Mi chiedo, in qualità di rappresentante degli studenti in seno al Senato accademico dell’Università degli Studi di Catania, come mai gli atenei siciliani non intraprendono questo percorso? Adesso sarebbe opportuno che le autorità, la politica siciliana e l’industria privata fornissero il loro attivo sostegno per la nascita e lo sviluppo di questa iniziativa negli atenei siciliani.
Senatore accademico dell’Università degli Studi di Catania
Giuseppe Spadaro