Questo interessante primato nazionale è stato segnalato a seguito dello studio Espad Italia (European school survey project on alchol and other drugs), effettuato dal reparto di epidemiologia e ricerca dell’istituto di fisiologia clinica del consiglio nazionale delle ricerca di Pisa(Ifc-Cnr). Col termine generico psicofarmaco si intende una tipologia di medicinale in grado di agire sul sistema nervoso centrale ed appartenente ad una delle seguenti classi: antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici(chiamati comunemente neurolettici), sedativo-ipnotici, sali di litio, ma anche antiepilettici.
I dati raccolti ci rivelano come in Italia, già dalle scuole secondarie, i teenagers tra i 15 e i 19 anni siano consumatori non propriamente occasionali, ma anzi, in rapporto ai loro coetanei in Europa, i consumatori più affidabili per quanto riguarda psicofarmaci non prescritti, con più di 200.000 giovani utenti(il 9%) nell’ultimo anno. A fronte di questo primo dato, la domanda che dovrebbe sorgere spontanea è la seguente: come possono duecentomila teenagers procurarsi dei farmaci dotati di numerosi effetti collaterali, tra cui uno dei più noti è la dipendenza, e che, secondo la legge, non andrebbero venduti senza apposita prescrizione?
Tralasciando il fatto che in Italia la dispensazione di farmaci soggetti a ricetta medica in assenza della suddetta non è il più raro degli eventi, e che esistono parecchi mercati paralleli, una delle risposte più semplici è che i ragazzi non hanno il bisogno di andare a comprarli, perché difatti, spesso li trovano già in casa, tra i medicinali di uso comune, acquistati ovviamente dai genitori. Ma se l’armadietto del bagno ne fosse sprovvisto, possono tranquillamente reperirli su Internet, messi in vendita da personale non qualificato, ma anche da negozi online specializzati, molto forniti, affidabili e rapidi nelle consegne.
Questo il quadro descritto da Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr estremamente ferrata in materia, da anni studiosa del fenomeno consumo di droghe, legali e non, in Italia. Completa il quadro, la fascia d’età successiva, ossia gli under 20, presumibilmente tutti o quasi studenti universitari, 395.000 dei quali hanno provato psicofarmaci almeno una volta nella vita. La Molinaro evidenzia poi la pratica frequente dell’associare queste sostanze agli alcolici, creando in questo modo una devastante miscela che, fedele al luogo comune, viene consumata a scopo ludico, con l’obiettivo ancora prettamente maggioritario, almeno in Italia, della ricerca dello sballo e della necessità di sostenere lunghe nottate in discoteca.
Analizzando, però, nel dettaglio il bacino d’utenza dei consumatori abituali, costituito da numeri in costante crescita, con, negli ultimi sette anni, quasi un raddoppio dei soggetti che hanno ingerito questa tipologia di farmaci 10 volte o più nell’ultimo mese, dai 27.000 del 2007 ai 43.000 di oggi, veniamo a conoscenza di tendenze meno ricreative. Sembra infatti che una minoranza di utenti, li usi per contrastare lo stimolo della fame, oppure allo scopo di regolarizzare l’umore; una percentuale leggermente più alta ha invece un interesse più pratico, ossia l’essere in grado di studiare più a lungo e/o meglio durante la notte, affidandosi a farmaci per il miglioramento dell’attenzione e per l’iperattività; vi è infine una percentuale più alta e comune di utenti, specialmente ragazze, che usano i medicinali in questione per poter dormire.
Al preoccupante scenario descritto, si aggiunge inoltre la facilità di prescrizione di questa tipologia di farmaci da parte dei medici ad adulti, ragazzi e sempre più spesso anche bambini, fenomeno confermato dal fatto che in Italia quello degli psicofarmaci rimane il quinto gruppo per spesa pubblica sul totale dei farmaci prescritti, nonchè al primo posto tra i farmaci a prescrizione per il sistema nervoso centrale.
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