MEDICINA – «Noi trattati come studenti di serie B», la lettera dei ricorrenti al ministro Boschi

Sono stati in 500 i ragazzi che hanno vinto il ricorso al TAR e sono entrati in Medicina “con riserva”. Adesso questi ragazzi chiedono che la loro posizione da studenti e studentesse venga regolamentata in tutta Italia. Pubblichiamo a tal proposito lettera, scritta dai ricorrenti di Medicina e consegnata al ministro Elena Boschi. 

«Egregio Ministro,

Siamo le centinaia di Ragazze e Ragazzi ammessi con riserva alla facoltà di Medicina dell’Ateneo di Catania.

Siamo quelli che negli ultimi mesi hanno ricevuto l’etichetta di “ricorsisti”, perché si era così impegnati nel cercare di darci un nome che ci distinguesse da tutti gli altri studenti nostri coetanei che nessuno, nemmeno molti organi di stampa o rappresentanti di diverse forze politiche,si è accorto che il termine corretto in lingua italiana è “ricorrenti”.
Come Lei sicuramente ricorda, durante i test di ammissione previsti dalla legge 264\99 per l’accesso alla facoltà di Medicina, il nostro Paese si è ritrovato coinvolto nel più palese dei casi di violazione dell’anonimato.
Ad oggi le ragazze ed i ragazzi entrati in sovrannumero con provvedimento cautelare del Tar e del Consiglio di Stato sono più di 500 solamente a Catania.

In questi mesi siamo stati trattati come gli ultimi, quelli che avevano la possibilità di studiare solo grazie ad una sentenza amministrativa, quelli che causavano disagio all’università, diversi solo perché non tutti avevamo la possibilità di poter investire migliaia di euro per un corso di preparazione, diversi anche perché forse qualcuno ha avuto la sfortuna di frequentare un liceo sbagliato, magari senza un professore stabile, solo la supplente sempre presente ma ogni mese diversa. Diversi soprattutto perché gli studenti italiani ormai vivono la distinzione in categorie, noi di certo eravamo quelli di serie B.

Non è stato facile, ma abbiamo creduto in un principio, quello secondo il quale tutti noi dovremmo essere considerati uguali per il nostro Paese e per chi nelle Istituzioni Lo rappresenta. Credendo nell’uguaglianza abbiamo iniziato il nostro percorso di studi, con impegno e sacrificio, nonostante le prevaricazioni e gli atteggiamenti da vera e propria “apartheid”.

L’uguaglianza ha fatto si che durante la prima sessione molti di noi abbiano superato tutti gli esami, in alcuni casi con voti superiori alla media degli anni precedenti.

La nostra esperienza di tutti i giorni, la fatica e l’impegno tra quei banchi, i risultati ottenuti sono la dimostrazione che il criterio di “merito” del test non è reale, non tiene conto delle reali capacità di ognuno di noi. Abbiamo dimostrato che non può essere un test d’ammissione a scrivere il futuro delle giovani generazioni Italiane, solo l’impegno e la voglia di costruire ci dimostrerà chi siamo, sia noi come studenti che voi come rappresentanti delle Istituzioni che il Nostro futuro lo deciderete.

Oggi vivere e studiare a Catania ha un costo non indifferente: tra tasse universitarie, libri di testo, affitto della stanza, mezzi di trasporto e sostentamento quotidiano arriviamo in media a 8000 euro annui. Nessuno di noi ha avuto la possibilità di ricevere la borsa di studio  proprio perché iscritti con riserva.

Paghiamo le tasse ed abbiamo i doveri di tutti gli studenti “titolari” ma continuiamo a vivere con i DIRITTI da “riserve”.

Ancora oggi dobbiamo attendere il giudizio di merito perché la giurisprudenza, a prescindere farà il suo corso. Le istituzioni a più livelli si sono smentite tra loro e ci hanno trattato come numeri, senza tener conto che dietro a quella “iscrizione con riserva” c’è una persona, un cittadino dello stato Italiano, uno studente.

Per questi motivi e per il nostro diritto previsto dalla costituzione Le chiediamo di farsi portavoce di tutti noi, affinché venga proposta una sanatoria che regolarizzi la posizione di tutte le studentesse e gli studenti entrati in sovrannumero nelle facoltà di Medicina di tutta Italia.

Chiediamo solo di avere il Diritto di poter studiare qui nel nostro Paese, per dimostrare quanto valiamo, senza dover costruire il nostro futuro all’estero.

 

Gli studenti dell’Università degli Studi di Catania, le “riserve”».

 

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