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Denunciare con riservatezza: negli atenei italiani arriva il “Whistleblowing”

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Corruzione nei atenei italiani, arriva Whistleblowing per denunciare con riservatezza.

Letteralmente “Whistleblowing” sarebbe soffiare nel fischetto, si tratta di una procedura introdotta con la legge 190/2012 in concomitanza con Transparency International atta a tutelare il dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower. In cosa consiste? Il dipendente di un ente pubblico può denunciare, attraverso la compilazione (in forma strettamente riservata, anche se non anonima) di una scheda, presente su un Intranet, qualsiasi attività sospetta di corruzione, concussione, peculato, turbativa d’asta e in generale qualsiasi reato contro la Pubblica Amministrazione.

L’interesse scaturisce se questa pratica ovviamente verrà adottata anche all’interno delle università italiane, dopo i recenti fatti nostrani, l’anno scorso, nel Dipartimento di Medicina e Chirurgia di Catania, lo studente accusato di aver registrato ben 17 esami senza mai averli sostenuti e, in ultimo, la studentessa della Kore di Enna, giunta alla stesura della tesi nonché della presunta laurea con soltanto 2 esami sostenuti. Questi fatti e magari altri ancora, celati o presunti che siano per tutta Italia, fanno ovviamente riflettere sulla meritevolezza del Whistleblowing. Il presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione Raffaele Cantone si è occupato anche della trasparenza degli Atenei Italiani tramite l’attivazione di un indirizzo di posta elettronica protetto con cui poter segnalare in riservatezza gli illeciti di cui si è testimoni all’interno delle Pubbliche Amministrazioni.

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L’email di riferimento è whistleblowing@anticorruzione.it , frutto della campagna “Trasparenza nelle Università”, promossa dall’associazione antimafia libera, che invita i rettori universitari a favorire le denunce protette.

Enrico Fontana, coordinatore nazionale di Libera, chiede a tutti i Rettori dei 66 Atenei Italiani di premunirsi nell’attivazione della procedura del Whistleblowing: «Le Università devono concedere una protezione efficace a chi denuncia episodi d’illegalità che avvengono al loro interno, incoraggiando la segnalazione di pratiche illegali e predisponendo massime tutele per chi ha il coraggio di parlare».

Milano è il primo Comune in Italia che si dota di questa procedura, così come proposto da David Gentili, consigliere comunale e Presidente della Commissione antimafia a Palazzo Marino. Riguardo questa procedura non ancora attiva all’Expo, che ha pagato il suo dazio in questioni di trasparenza, sorgono degli interrogativi strettamente correlati alla sua effettiva validità ovvero in termini di riservatezza. Il commissario straordinario, Giuseppe Sala, fu udito lo scorso giugno all’Expo nel Palazzo Marino affermando che:«La mia opinione conta quello che conta, ma mi sembra un’asimmetria che non capisco che uno possa permettersi in maniera anonima di fare una denuncia, mentre dall’altra parte c’è chi ci mette la faccia». Immediata la risposta della Professoressa Nicoletta Parisi: “Il dottor Sala confonde il dipendente che denuncia in buonafede col semplice delatore”», è stata ordinaria del Diritto dell’UE presso l’Università degli Studi di Catania, una tra i massimi esperti in materia di Whistleblowing e membro dell’Agenzia nazionale anticorruzione (ANAC) presieduta da Raffaele Cantone.

La professoressa Parisi aggiunge che si tratta di una misura vincolante nel quadro degli adempimenti derivanti dalla Convenzione Ocse 1997 e raccomandata dall’Onu nella Convenzione del 2003, inoltre: «E’ sbagliato invece pensare che questo sistema diffonda una cultura della delazione; viceversa, senza attivare questa possibilità di segnalazione interna- conclude la Parisi– nel caso di illecito la responsabilità potrebbe essere non solo del dipendente che s’è fatto corrompere, ma anche della società che non ha messo in campo una cultura della legalità utile a scoraggiare questo tipo di reati«. 

Sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti D’America l’adozione di questa pratica ha avuto risvolti positivi e se inizialmente i whistleblower hanno subito ritorsioni e licenziamenti il motivo è stato semplicemente che sono risultati particolarmente fastidiosi per chi sta al potere. Una procedura simile può fare solo bene ad un Paese come l’Italia che necessita di essere legalizzato sotto tutti i fronti.

 

A proposito dell'autore

Elisa Pagana

Elisa Pagana nata a Bronte (Ct) il 05/09/1991 studentessa di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Catania. Fin da piccola il carattere molto estroverso e vivace l'ha portata ad occuparsi di animazione. Appassionata di sport, cultura, viaggi e lingue. Amante della lettura e scrittura. Oltre a collaborare con liveunict, partecipa ogni anno a stage internazionali a sfondo giuridico.