I dipartimenti al centro della vita d’Ateneo. E’ questo il punto cardine della profonda riorganizzazione amministrativa dell’Università di Catania, varata dal consiglio di amministrazione il 29 luglio scorso, che il rettore Giacomo Pignataro – come aveva annunciato subito dopo l’approvazione della delibera – ha voluto illustrare alla comunità accademica etnea nel corso di un’assemblea che si è tenuta questa mattina nell’aula magna del Polo didattico d’Ingegneria.
“I dipartimenti universitari – ha spiegato il rettore, affiancato dal prorettore Alessandra Gentile e dal direttore generale Federico Portoghese – sono il vero luogo dove si organizza, si pianifica e si svolge la vita accademica della nostra comunità, dove si realizzano le funzioni istituzionali dell’Università e dove studiano i nostri studenti. Oltretutto – ha proseguito il rettore, sottolineando il significato e il valore di questi cambiamenti – gli atenei vengono valutati a livello nazionale proprio sulla base delle attività di didattica e ricerca che si svolgono nei dipartimenti: ricordo che già da quest’anno l’assegnazione dell’8% del Fondo di finanziamento ordinario delle università avverrà su base premiale. Ed entro quattro anni ben il 70% del Ffo sarà assegnato sulla base del costo standard per studente in corso. Se teniamo conto che attualmente abbiamo 20 mila fuori corso su 54 mila iscritti, il nostro imperativo è cercare in qualunque modo di migliorare questo dato, non soltanto per motivi economici ma anche perché l’allungamento dei tempi di laurea e l’abbandono, in fin dei conti, rappresentano un tradimento della nostra missione”.
Sorge da qui, secondo il prof. Pignataro, l’esigenza di dotarsi di un nuovo modello organizzativo, avendo ben chiaro che “non esiste quello ideale, ma va adottato un modello che riesca a garantire l’efficienza amministrativa dell’ateneo, attraverso un percorso più ampio e articolato che possa permettere all’Università di raggiungere i propri obiettivi di ricerca, didattica e trasferimento tecnologico”. “Crediamo che in questo senso – ha proseguito – sia fondamentale, all’interno della macchina organizzativa, la centralità dei dipartimenti il cui ottimale funzionamento, in termini di didattica e ricerca, permetterà tra le altre cose il conseguimento dei fondi premiali da parte del ministero”.
Secondo questa logica, ai dipartimenti andrà garantito – in nome dell’auspicata autonomia di ‘poteri’, competenze e risorse finanziarie – un controllo efficace delle attività gestionali strumentali alla realizzazione dei propri indirizzi programmatici culturali e scientifici, attraverso l’assegnazione di budget e personale, con il solo limite derivante dalla necessaria uniformità delle procedure e della rispondenza alle ‘cornice’ delle linee strategiche generali dell’Ateneo e ai dettami del bilancio unico. Al tempo stesso le strutture dipartimentali andranno coinvolte maggiormente nella partecipazione al governo dell’Università, con la presenza in Senato accademico di tutti i direttori, e responsabilizzati in termini di risultati e costosità – attraverso un sistema di misurazione e valutazione delle performance appositamente definito -, puntando ad eliminare le inefficienze e gli sprechi di risorse.
In sintesi, la riorganizzazione amministrativa permetterà di superare l’attuale sistema dei poli amministrativo- contabili e di articolare la complessiva amministrazione dell’Ateneo su due livelli: uno centrale (con compiti di organizzazione e gestione dei servizi comuni e generali, quali ad esempio pulizia, vigilanza e manutenzione, oltre che di definizione di procedure comuni e di quei compiti specializzati che richiedono apposite figure con competenze che non si possono avere in ogni singolo dipartimento) e un altro dipartimentale, con competenze amministrative e contabili idonee ad assicurare la gestione delle risorse e delle attività istituzionali decentrate.
L’attività amministrativa a supporto dei dipartimenti andrà realizzata attraverso un ufficio amministrativo-gestionale e un ufficio didattico, con compiti ben individuati, composto da personale assegnato ai dipartimenti e coordinato da un funzionario in rapporto di dipendenza gerarchica dal direttore generale dell’Ateneo e di dipendenza funzionale dal direttore del dipartimento.
Il rettore ha inoltre sottolineato la parallela attività di snellimento e revisione che interesserà l’amministrazione centrale. Le aree saranno ridotte da 17 a 9, attraverso un accorpamento di quelle tecniche, finanziarie, provveditorali e del personale, per garantire efficienza organizzativa (evitare duplicazioni di funzioni, conseguire economie di scala e di coordinamento tra varie competenze) ed economicità della gestione (risparmi di spesa relativi alle posizioni dirigenziali e alle competenze professionali), e saranno individuati nuovi criteri di valutazione dell’amministrazione, e in particolare dei dirigenti e dei responsabili degli uffici, che tengano conto del raggiungimento degli obiettivi assegnati quanto della qualità percepita sia dagli utenti che dal personale dipendente.
I tempi per realizzare questo cambiamento saranno abbastanza rapidi: entro il 30 settembre la direzione generale dovrà aver concluso una ricognizione delle competenze del personale tecnico-amministrativo – realizzando una vera e propria Anagrafe delle competenze, strutturata e aggiornabile continuativamente. Entro il 31 ottobre, poi, sarà elaborato un manuale delle procedure relative all’attività gestionale amministrativa dei dipartimenti, e contemporaneamente sarà varata un’ipotesi di assegnazione del personale tecnico-amministrativo ai dipartimenti, tenendo conto delle esigenze derivanti dalla gestione dei servizi e delle competenze del personale, condivisa con i direttori dei dipartimenti. Infine, entro il 31 dicembre saranno attivate, a cura della direzione generale, tutte le procedure tecniche e amministrative per il trasferimento delle competenze dai poli amministrativo-contabili agli uffici dipartimentali.