Vittoria Vitale ha 23 anni ed è nata maschio. Da quando ha avuto la possibilità di poter parlare ad alta voce porta avanti una battaglia personale, che non è solo sua ma di tutti coloro che cercano di affermare la propria identità, senza badare al sesso con il quale sono nati.
Vengono definiti con la sigla LGBT, cioè lesbiche, gay, bisessuali e transgender che combattono per formare una coscienza comune e rompere i pregiudizi che, anche sotto il velo della tolleranza moderna, continuano a dilagare anche oggi. Abbiamo incontrato Vittoria nel suo ambiente quotidiano, l’università, e ha subito iniziato a parlarci dei progetti che porta avanti ma, dal momento che usava termini che sentiamo spesso ma di cui non conoscevamo il significato preciso, abbiamo pensato di creare un piccolo vocabolario per chiarirci un po’ le idee.
- Identità di genere: la percezione che ogni individuo ha di se stesso, il genere al quale si sente di appartenere; questo non è determinato necessariamente da fattori biologici e non riguarda l’orientamento sessuale.
- Orientamento sessuale: indica l’attrazione emotiva e/o sessuale che un individuo prova per un altro, non è correlata al sesso biologico.
- Sesso biologico: appartenenza biologica al sesso maschile o a quello femminile, determinata alla nascita.
- Ruolo di genere: l’insieme dei comportamenti e degli atteggiamenti che la società si aspetta da uomini e donne in una determinata cultura e in un preciso periodo storico.
- Transgender: termine coniato negli anni ’80 negli Stati Uniti da movimenti di protesta contro il genderismo, cioè contro coloro che sentivano il bisogno di categorizzare tutti gli individui in base all’appartenenza ad uno dei due generi classici.
Vittoria, a Catania, non è sola. Lei fa parte infatti dell’associazione universitaria Queer as Unict, che accoglie persone LGBT con due scopi principali: fornire sostegno ai membri rispettandone la privacy e sensibilizzare l’opinione comune catanese con iniziative informative su tematiche LGBT.
«Speriamo di poter inaugurare presto una collaborazione con le scuole per un progetto di educazione alla sessualità» – ci spiega Vittoria – «dal momento che è durante l’adolescenza che è più difficile tirar fuori la parte più vera di sè». Per quanto riguarda l’ambiente che ha trovato una volta approdata all’università, Vittoria è positiva: «Mi sono sentita subito meno additata, è stato facile trovare ragazzi con i quali confrontarsi e condividere le difficoltà di tutti i giorni».
La vita di tutti i giorni è il tasto dolente per Vittoria, che ha difficoltà in operazioni banali per il resto della gente, come mostrare il documento di riconoscimento ad un esame o quando paga con la carta di credito, momenti che diventano imbarazzanti per lei e per il suo interlocutore. «In Italia c’è troppa ignoranza sulle persone transessuali, io voglio distruggere il luogo comune secondo il quale trans è uguale a prostituta. Gli stereotipi fanno parte del nostro modo di pensare ma non devono diventare gabbie che ci impediscono di vedere la realtà», continua: «io sono una ragazza come tante altre e come tale voglio essere considerata e riconosciuta».
Il riconoscimento, secondo Vittoria, deve venire prima di tutto dallo Stato; è per questo che ha aderito alla petizione lanciata su Change.org da Michela Angelini per la modifica dell’attribuzione di sesso prodigandosi per tutto l’Ateneo catanese anche attraverso il volantinaggio.
Tentativi di modifica ci sono già stati in passato, ma senza i risultati sperati, e il mondo della politica è sordo alle richieste che vengono da tutta la penisola. La normativa vigente è decisamente vecchia, la legge 164 del 1982 sulla rettificazione di attribuzione di sesso prevede questa possibilità solo per i soggetti che abbiano cambiato sesso tramite procedura medico-chirurgica; «La procedura inoltre non è immediata, possono trascorrere anche cinque o sei anni per terminare le prassi burocratiche» – afferma Vittoria – «Chi pratica la riassegnazione chirurgica del sesso vede riconosciuto il suo nuovo status completamente, può sposarsi e adottare dei figli mentre chi decide, per motivi personali, di non sottoporsi all’operazione pur seguendo le cure ormonali del caso è costretto a vivere in questa sorta di limbo legale» e continua «dove la scelta di affrontare procedure chirurgiche rischiose diventa quasi obbligata se si vuole essere riconosciuti per quello che si è».
Vittoria è una studentessa universitaria e, per concludere, ci lascia infatti con una piccola chicca letteraria: «Sapevate che Hans Christian Andersen era gay? Secondo voi di cosa parlano storie come Il brutto anatroccolo o La sirenetta se non di persone che si sentono estranee al loro corpo?», individui (e cigni) che stanno stretti nelle loro “piume”, che sognano corpi diversi da quello con cui sono nati e che per farsi riconoscere nella loro unicità non smettono mai di lottare.