Stavolta non c’è da stare tanto “Happy”. Le note di Pharrel Williams fanno da colonna sonora al video “Happy-zzamu”, realizzato da Etna Walk, Zona3 ed Etnasci, di denuncia del degrado di alcune zone dell’Etna, luogo di vere e proprie micro-discariche a cielo aperto. Copertoni, vasche da bagno, immondizia, telai di automobili, eco-mostri fanno da sfondo al ballo del momento, in netto contrasto con l’allegria dei partecipanti, atti ad inscenare siparietti alquanto grotteschi quanto emblematici. Insomma, una risata amara seppellirà finalmente l’inciviltà, almeno questa è la speranza.
Abbiamo posto un paio di domande a Giuseppe Distefano, fondatore di Etna Walk, un’associazione che ormai da anni rappresenta un punto di riferimento per tutti gli appassionati di montagna, di natura e di fotografia.
Nel video si vedono copertoni, frigoriferi, case abbandonate, vasche da bagno, resti di scampagnate, telai di macchine. Al netto dell’inciviltà delle persone, a chi si possono attribuire le responsabilità di tale stato d’incuria?
« La responsabilità di questo scempio etneo è di tutti: dal catanese che va a fare la scampagnata e lascia il sacco della spazzatura, al mancato controllo degli enti preposti, per finire con la mancata pulizia da parte dei comuni».
Sappiamo benissimo che il volontariato, da solo, non basta per risolvere il problema. Se tutto rimarrà così com’è, ci saranno altre vostre iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica?
«Noi non siamo nuovi a queste opere di sensibilizzazione e non escludiamo di organizzarne altre in futuro; ovviamente non abbiamo la pretesa di “risolvere” un problema, ma vogliamo denunciare una situazione che, a nostro avviso, è in netto contrasto con quello che idealmente dovrebbe essere. »
Senza dubbio le discariche a cielo aperto non sono un ottimo biglietto da visita della nostra Etna, che ha enormi potenzialità turistiche. Cosa si può fare, nell’immediato e nel lungo periodo, per sfruttare meglio tali potenzialità?
«Siamo convinti che la Sicilia, e in particolare la zona etnea, potrebbe vivere di turismo, ma è necessario un cambio di prospettiva e mentalità importante. Ad oggi noi viviamo di un turismo “passivo”, che nonostante le oggettive difficoltà riesce a vivere delle proprie ricchezze. In altri posti del pianeta il mondo politico, grazie ad iniziative mirate e pensate nel modo giusto, riesce a “vendere” al turista molto più di quello che effettivamente è presente. Noi forse siamo eccessivamente abituati alle nostre bellezze, tanto da non rendercene neanche conto.»