L’articolo 48 della Costituzione Italiana sancisce il diritto di voto, riconoscendo l'elettorato attivo a tutti i cittadini maggiorenni senza distinzione di sesso. Ma lo Stato italiano garantisce davvero a tutti i suoi cittadini il diritto e il dovere civico di esprimere la propria preferenza politica?
Gli elettori italiani sono chiamati il 4 marzo al voto per eleggere i nuovi deputati e senatori della Camera e del Senato. Anche per queste elezioni, però, ci saranno alcuni cittadini italiani che di fatto non potranno esprimere il proprio voto. Parliamo di migliaia di studenti fuori sede e non solo. Anche di migliaia di lavoratori che vivono e hanno il domicilio in un comune differente da quello di residenza. La storia si ripete ancora una volta: per esercitare il proprio diritto di voto, infatti, milioni tra studenti e lavoratori italiani dovranno prendere un treno o un aereo e tornare a casa. E’ chiaro che non tutti avranno la stessa possibilità di farlo.
Anche se, solitamente nei periodi antecedenti le elezioni, il Ministero dell’Interno annuncia sconti nei trasporti aerei e ferroviari, talvolta questo non è sufficiente. Non sono soltanto le motivazioni economiche, che spesso impediscono loro di tornare a casa, ma il più delle volte si aggiungono motivazioni di diverso genere, che impediscono materialmente agli studenti e ai lavoratori di spostarsi. Che non esista ancora nel 2018 un modo per votare anche se si è lontani dal proprio comune di residenza è per molti qualcosa di inaudibile. Tra loro, c’è il movimento “Io voto fuori sede” che da anni combatte questa battaglia a fianco degli studenti fuori sede, affinché il loro diritto di voto sia garantito, a prescindere dal vincolo della residenza.
La legge italiana, per esattezza l’articolo 48 della Costituzione sancisce il principio del suffragio universale, riconoscendo l’elettorato attivo a tutti i cittadini maggiorenni senza distinzione di sesso. Il terzo comma del medesimo articolo prevede inoltre l’istituzione di una circoscrizione Estero per consentire l’esercizio del voto alle elezioni politiche da parte dei cittadini italiani residenti all’estero. Secondo le ultime stime del Ministero degli Interni, risalenti al 2017, gli elettori italiani residenti all’estero sarebbero oltre 4 milioni. A questi andrebbero ad aggiungersi tutti quei cittadini italiani, che per motivi di studio o lavoro si trovano fuori dall’Italia, seppur non risiedendo stabilmente in un paese estero. Dal 2016, anche costoro, vale a dire gli elettori italiani temporaneamente residenti all’estero possono esercitare il voto per corrispondenza, così come avviene da tempo per gli elettori residenti stabilmente all’estero.
La situazione si configura così ancora più paradossale, però, se si mette a confronto la situazione di chi risiede all’estero e quella dei domiciliati in Italia, lontani dal proprio luogo di residenza. Perché uno studente che studia e vive momentaneamente ad esempio a Londra, così come da qualsiasi altra parte del mondo, può votare restando lì dove è, mentre chi studia in una regione italiana diversa da quella di residenza non può farlo? Abbiamo intervistato alcune studentesse fuori sede per sentire cosa ne pensano.
Emanuela, studentessa a Venezia in un corso magistrale in Lingue e Management, ha rivelato che non potrà tornare in Sicilia per votare, per diverse ragioni, legate sia alle possibilità economiche, sia allo studio. “In primis l’università non ci facilita, visto che non è previsto neanche un giorno di sospensione delle lezioni: potrebbero essere sospese magari il lunedì subito dopo le elezioni o il venerdì prima, per permettere ai fuori sede di tornare a casa e andare a votare. Chiaramente, tornare a casa solo il sabato e la domenica delle elezioni è una cosa che moltissimi non possono permettersi di fare anche perché si sente tanto parlare di agevolazioni economiche per permettere ai fuori sede di votare, ma l’ultima volta che ho controllato i voli per tornare quel weekend a casa, i prezzi erano addirittura più alti della norma.”- ha dichiarato la studentessa. E non è certo la prima volta che le capita una situazione simile: ogni volta, infatti, ormai da anni, lei e i suoi colleghi fuori sede sono sempre costretti a rinunciare al loro diritto di voto, per l’impossibilità di tornare a casa.
“Mi sento arrabbiata. – ha confessato la studentessa. Non mi capacito come nel 2018 l’Italia possa essere uno dei pochi Paesi, se non l’unico, in cui non è data la possibilità ai fuori sede di esprimere le proprie preferenze. Lo scorso anno, in occasione del referendum di dicembre, mi trovavo in Cina e paradossalmente sarebbe stato più semplice per me votare della Cina allora, che non all’interno dell’Italia adesso.” Se per gli elettori temporaneamente all’estero per motivi di lavoro o di studio, come gli Erasmus è stata trovata la soluzione, estendendo per loro la possibilità del voto per corrispondenza, la posizione italiana per i fuori sede domiciliati in Italia resta del tutto anacronistica.
Differente il caso di Giulia, studentessa di Media e Comunicazione presso l’Università di Lund in Svezia, precedentemente laureata in studi internazionali a Trento, ma originaria della Puglia, dove tuttora ha la residenza. Per votare alle prossime elezioni, Giulia ha fatto domanda agli uffici competenti e aspetta che arrivi il plico tramite posta, per poter votare. “Io ho più agevolazioni di altri studenti fuori sede, pur non studiando in Italia.”- ha ribadito la studentessa. Infatti, ci ha spiegato che quando studiava a Trento, votare non le era altrettanto possibile. “Ho dovuto rinunciare sempre, perché avevo o un esame il giorno dopo o era troppo costoso ritornare a casa. Mi dicevo: vabbé, magari la prossima volta riuscirò a votare, ma non è mai accaduto. Ero delusa, non mi sentivo cittadina, perché venivo meno ad un dovere.”
Rebecca, studentessa di Giurisprudenza a Roma, invece, tornerà in Sicilia per votare. Ma se lei ha avuto la possibilità di farlo è consapevole che buona parte degli studenti fuori sede non potrà farlo. “Non è giusto. Se il voto è un diritto e un dovere civico, lo Stato deve fare in modo che tutti siano nelle condizioni di poter votare, indipendentemente dal fatto che si trovino nel comune di residenza o in un altro”- ha affermato Rebecca. E’ ora che venga trovata politicamente una soluzione. Non è accettabile che lo Stato italiano non abbia ancora decretato un criterio diverso da quello della residenza e non abbia stabilito delle modalità alternative di voto che permettano a tutti coloro che vivono lontano da casa di esprimere il proprio voto, nella stessa misura di tutti gli altri cittadini italiani.
Basti pensare che l’early voting, processo attraverso il quale gli elettori alle pubbliche elezioni possono votare prima della data ufficiale, tramite il voto per corrispondenza o attraverso seggi appositi, è utilizzato nella maggior parte d’Europa, per permettere proprio a coloro che si trovano fuori dalla propria circoscrizione elettorale di appartenenza, di poter comunque esercitare il voto. Le soluzioni potrebbero essere molteplici. “Una soluzione potrebbe essere quella di permettere ai fuori sede, studenti e lavoratori, di votare nel posto in cui si trovano, con dei seggi nelle università stesse o magari nelle questure, estendendo anche magari a due le giornate di voto”– come suggerisce Emanuela, in accordo con Giulia, che trova questa soluzione più efficace e trasparente del voto per posta.
Non si può più attendere: una soluzione, qualunque essa sia, deve essere presa ora. Lo Stato italiano non può più giustificarsi e rinviare il problema, avanzando sospetti di brogli e irregolarità potenziali nelle modalità di voto alternative. Lo Stato deve rispondere alla richiesta dei suoi elettori e dei suoi cittadini, e lo deve fare adesso, se vuole che il diritto di voto, diritto e dovere civico, sancito dall’art. 48 della Costituzione, sia sostanzialmente uguale e realmente garantito a tutti.
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