Iniziamo con la solita domanda banale, come ti sei avvicinato allo studio della musica, ed in particolar modo del pianoforte? Lo studio sotto la guida di Alberto Alibrandi ti ha avvicinato al mondo del jazz, cosa ci racconti di questa esperienza?
<< Intorno al ’96, quando avevo ancora quattro anni una zia voleva liberarsi di un vecchio pianoforte verticale, e dato che da giovane mio padre aveva studiato musica per uno o due anni, decise di farselo regalare. Osservavo il modo in cui strimpellava le sue canzoncine e da subito il pianoforte iniziò a destare in me una curiosità particolare. Così, senza che nessuno mi indirizzasse verso la musica, pian piano prendevo confidenza con tastiera e suoni. Ricordo come fosse ieri quando in qualche oretta arrangiai ad orecchio la canzoncina iniziale del cartone Disney “Robin Hood”. Così, dopo poco arrivò la proposta dai miei genitori di farmi iniziare lo studio del pianoforte e io, di buon grado, accettai.
La mia prima insegnante è stata Ketty Teriaca. Dato il mio temperamento un po’ svogliato e ribelle, poco dopo mi indirizzò verso Alberto Alibrandi, un geniale e stravagante Maestro grazie al quale, verso gli otto anni, parallelamente allo studio della musica classica, mi fece scoprire il Jazz, genere in cui potevo permettermi molto più facilmente di cambiare regole o di lasciar sfogare la mia indole da selvaggio>>.
All’età di undici anni sei entrato a far parte dell’Istituto Superiore di Studi Musicali ” Vincenzo Bellini” di Catania parlaci del tuo percorso formativo. Già da qualche anno hai una intensa carriera artistica e concertistica. Quali sono state le esperienze più belle? Che posti hai visitato e quanto hanno inciso sul tuo modo di suonare?
<< Fu proprio Alibrandi a curare il mio esame di ammissione presso l’Istituto “Vincenzo Bellini” di Catania. Questa credo sia stata la mia prima vera soddisfazione in campo musicale, ero ancora piccolino e scoprire di aver superato un’ammissione di un certo tipo mi rendeva davvero felice, motivandomi e incentivando la mia voglia di studiare. Ad ogni modo, oggi, 10 anni dopo, credo che il vero punto di svolta non sia stato tanto entrare a far parte di quest’Istituto, ma aver conosciuto un grande Uomo, Carmelo Pappalardo, che oggi è il mio Maestro. Con lui ho preparato il compimento inferiore ed il medio, i primi concerti, i primi concorsi e ho iniziato a riscontrare una crescita sia come musicista che come persona. Ora siamo finalmente a due passi dal Diploma.
In generale non definirei un’esperienza più bella di un’altra, si tratta semplicemente di esperienze diverse.
Parigi e Salisburgo sono le città che più mi hanno impressionato: la prima è stata la città del mio primo concerto importante, al “Duke De Lombard. Avevo appena diciotto anni quando la Cantante Anne Ducros, mi invitò ad esibirmi nella sua città.
Salisburgo è invece la città che fra tutte ha più suggestionato il mio modo di concepire alcuni aspetti musicali. Devo senz’altro a questa città parte della mia idea sulla musica del periodo classico e naturalmente su Mozart, lì hanno in qualche modo preso forma le mie idee musicali di “eleganza” e “precisione”: fondamentali per questo tipo di musica.
Ricorderei ancora tutte le masterclasses alla “Hochschule Sommerakademie Mozarteum”, con Andrzej Jasinki, Daniel Pollack, Lily Dorfmann e Aquiles Delle Vigne e i concerti al Wiener Saal (vd.foto) e al Bosendorfer Saal>>.
<< Mi piacerebbe, se possibile, premettere che se non fossi stato convinto che partecipare a concorsi sia assolutamente necessario per un pianista, non avrei avuto un grande interesse a riguardo. Non credo che la competizione appartenga alla musica, potrei, anzi, valutarla come uno dei suoi principali antagonisti. La competizione secondo me è l’antimusica.
Sono sicuro che per la stragrande maggioranza di coloro che si presentino ad un concorso la partecipazione costituisca un impegno come “concorrenti” e non come “musicisti”, il concorrente è colui che gareggia, il musicista chi vuole proporre la propria idea. Béla Bartòk diceva “Competition are for horses, not artists” (Le competizioni sono per i cavalli, non per gli artisti).
Ciò non toglie che a un concorso si debbano riconoscere numerosi vantaggi, ad esempio la possibilità di vincere borse di studio o la partecipazione a concerti, si vede crescere il proprio titolo, ci si crea “un nome”, si riesce a mettersi in gioco davanti a una giuria competente. Ad ogni modo, prima di affrontare un concorso, mi aiuta molto riflettere sul fatto che non esistano giudizi universali e che il risultato cambierebbe radicalmente se cambiassero i membri della commissione. Per quanto in ogni esecuzione ci siano degli elementi oggettivi di giudizio, alla fine ognuno tenderà a valorizzare sempre aspetti diversi nella musica.
Fra i concorsi di cui mi piacerebbe parlare c’è l’edizione del “Bach” a Sestri Levante presieduta dal Maestro Remo Vinciguerra, l’ansia da palco era alle stelle e dinanzi le telecamere l’emozione cresceva sempre più. Non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovato unico finalista. Sono andato quindi a rilassarmi in riva al mare per recuperare un po’ di forze e prepararmi al “dopo”, ma, meditando forse un po’ troppo, sono arrivato in ritardo all’ultima prova… Al mio ingresso in sala la commissione era totalmente indispettita, già seduta al tavolo che aspettava me. Naturalmente mi sono scusato in tutti i modi possibili e immaginabili, speravo fosse stato sufficiente. Purtroppo dopo aver suonato (a mio avviso in modo migliore rispetto alla semifinale) ho concluso il concorso con un terzo premio, ma né il primo, né il secondo sono stati assegnati. Chissà se per la musica o per la mia noncuranza… E tuttora non so se ridere o piangere!!!>>.
<< Schumann. Schumann oggi è il mio Dio. Nello scorso settembre ho iniziato a leggere il “Carnaval Op. 9”, senza neanche immaginare in quale avventura mi stessi addentrando. Schumann è uno di quegli autori che, a mio avviso, passa RARAMENTE inosservato agli occhi di chi di musica si intende: o lo si ama o non piace. Mi permetto di dire che secondo me chi decide di aver a che fare con lui, necessita di chiavi di lettura e d’ascolto particolari, di orecchie a cui non importa di una musica o di scrittura pianistica perfetta; soprattutto bisogna desiderare di scoprire cosa si celi dietro l’apparenza. Voglio dire: ciò che Schumann scrive è unico ed originale per la ricchezza dei significati e non per la musica in sé. Adoro inoltre la sua predisposizione a troncare e cambiare i concetti piuttosto che svilupparli e, senza esagerare, credo che più che in qualsiasi altro autore, ogni nota scritta da lui abbia vita e significati propri. Fra mutamenti di stati d’animo repentini ed ironie eleganti ma dirette, ritroviamo la perfetta proiezione della personalità di qualcuno che, immerso nella propria follia, aveva davvero qualcosa da dire. Spero di poter leggere di lui quante più cose possibili, la prossime saranno la “Kreisleriana” o i “Kinderszenen>>.
Hai composto per la “Ciclope Film” la colonna sonora del film “White Sparkle” del regista Francesco Di Mauro, film presentato alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Cinema “Leone d’Oro” di Venezia. Ti piacerebbe comporre per il cinema ed il mondo dello spettacolo? Parlaci delle altre tue composizioni. Qual é l’esperienza più entusiasmante, artisticamente parlando, che hai vissuto durante la tua giovane carriera? Che progetti hai per il futuro? Cosa ti proponi?
<< La colonna sonora per la C.F. è stata un’esperienza più che formativa, ma forse rimarrà la prima e l’ultima. E’ stato interessante conoscere un ambiente diverso e reputo stimolante aver avuto a che fare con un Regista con il quale lavorare sul collegamento immagini/musica. È inoltre un vantaggio poter scrivere, provare e dirigere tanti strumenti e strumentisti e senza doversi preoccupare dei finanziamenti. L’unica cosa che tende è a frenarmi, è che per la mia visione della musica, la più bella è quella che possiede da sola un significato proprio, una musica che “funzioni” da sè, e che quindi “contenga già un film”. Dunque, lavorare nel cinema non è tra i miei più ambiti progetti, ma, naturalmente, nel caso mi si riproponesse un’altra occasione, ci rifletterei un po’ su.
Ultimamente, sempre sotto il punto di vista compositivo, mi ritengo mediamente soddisfatto, forse perché mi ritengo particolarmente ispirato. Ho scritto da poco il mio “Tema e Variazioni su Fra Martino” e ho quasi terminato una sonata per pianoforte ed un altro strumento, che preferisco non rivelare.
Premetto che, in generale, molto raramente tendo ad entusiasmarmi e non ho in mente un’”esperienza” in particolare, anche se ci sono senz’altro diversi avvenimenti che mi rendono più o meno felice o soddisfatto.
Il primo che ora mi viene in mente è quando il Maestro Aquiles Delle Vigne, allievo del leggendario Claudio Arrau, quando ha espresso un gran senso di approvazione nei confronti la mia personalità, assegnandomi una borsa di studio, che mi ha consentito di studiare con lui. Credo sia stata invece davvero emozionante una volta in cui, durante un mio concerto, ho avuto la sensazione che qualcuno in particolare lì tra il pubblico stesse entrando al 100% in empatia con la mia musica…
Per quanto riguarda il futuro a breve termine, subito dopo la mia laurea impiegherò tutte le mie forze per andar a studiare altrove. Valuterò se partecipare all’audizione per il biennio al Conservatorio di Milano, se andare a Coimbra presso l’accademia del M° Delle Vigne o se ci sarà l’opportunità, perché no, di conoscere qualche altro Maestro col quale entrare in empatia. A dire il vero non mi interessa una città o un ambiente in particolare, spero semplicemente di poter frequentare una scuola che possa continuare ad aiutarmi a tirar fuori il meglio di me e a crescere oltre che a livello musicale anche come persona. Un’altra cosa alla quale vorrei dedicarmi in questi mesi è la musica da camera, sperando di trovare qualcuno che possa andar d’accordo con me.
Di quanto succederà in seguito non ho un’idea ben chiara, preferisco prendere e vivere le cose una per volta, cercando se possibile, di far sempre le scelte migliori>>.
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