Il periodo dei festeggiamenti agatini è certamente uno dei più magici a Catania. E non solo per il pathos religioso o il folklore tipico. C’è molto di più. Ci sono sorrisi nuovi, una cordialità più complice, una gioia più intensa. Si respira, nell’aria, che qualcosa di speciale sta per arrivare. Catania si trasforma e riflette la sua devozione ad Agata: via Etnea si tinge di rosso e oro, piazza Duomo è in costante fermento, piazza Stesicoro risplende di luce propria. Ma siamo siciliani, e a noi piace festeggiare anche in cucina. Ecco perché, in questo periodo, la città rende onore alla sua Agata anche… coi dolci!
Tra i dolci tipici, c’è senz’altro la cassatella di sant’Agata o minnuzze di Sant’Aita, di fatto una piccola cassata siciliana a forma di mammella. Si tratta di dolci a forma di tondeggiante fatti con pan di spagna imbevuto di rosolio e farciti con ricotta, gocce di cioccolato e canditi. All’esterno sono ricoperti di glassa bianca e rifiniti con una ciliegia candita in cima. Il nome fa riferimento ai seni di Agata, che le furono strappati durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la fede cristiana.
I bomboloni. Dal 1934, solo acqua, essenza d’olio e zucchero cotto sulla “balata” di marmo. Un simbolo che continua a resistere, nonostante si tratti di un dolce dal sapore antico, che molti giovanissimi forse non conoscono più.
Le olivette di Sant’Agata o alivuzze di Sant’Aita, preparati solitamente in gennaio e febbraio, prima e durante la festa della santa patrona. Si tratta di dolci a forma di oliva fatti di pasta di mandorla ricoperti di zucchero e colorati di verde. Queste olive si ricollegano ad un episodio narrato nella agiografia della santa. Mentre era ricercata dai soldati di Quinziano, nel chinarsi per allacciare un calzare, vide sorgere davanti a sé una pianta di olivo selvatico che la nascose alla vista delle guardie e le diede i frutti per sfamarsi.
Esiste anche una variante dove le tradizionali olivette sono ricoperte di cioccolato.
Il torrone. Non c’è festa popolare in Sicilia dove mancano i “turrunari”. L’origine del dolce è araba, come lo è anche la parola qubbayt, che in siciliano è diventata “cubbàita“. Originariamente era fatto con miele, mandorle e “ciciulena”.