La Sicilia si conferma tra le regioni italiane con i redditi medi più bassi. Secondo lo studio condotto dalla Cgia di Mestre, aggiornato ai dati del 2023, oltre il 71% dei residenti siciliani percepisce un reddito annuo inferiore alla media nazionale. Si tratta di circa 2 milioni e 205mila persone che non superano i 19.700 euro l’anno, ben al di sotto della media italiana fissata intorno ai 25.000 euro.
Un quadro che non rappresenta una novità assoluta, ma che rinnova con forza il tema delle difficoltà economiche croniche dell’isola, aggravate da bassa occupazione, lavoro precario e da un tessuto produttivo meno competitivo rispetto ad altre regioni.
Sicilia terza in Italia per redditi bassi
Nel confronto su scala nazionale, la Sicilia occupa il terzo posto tra le regioni con i redditi medi più bassi, preceduta soltanto da Puglia e Calabria. Questo dato evidenzia come il Mezzogiorno continui a vivere una frattura profonda con il resto del Paese, sia in termini di opportunità economiche che di potere d’acquisto.
La conseguenza è una crescente forbice tra nord e sud Italia, con le famiglie siciliane costrette a far fronte a un livello di spesa quotidiana più difficile da sostenere, soprattutto a fronte dell’aumento dei prezzi degli ultimi anni.
Cinque province siciliane tra le dieci peggiori d’Italia
Ancora più allarmante è l’analisi sulle singole province. Ben cinque province siciliane figurano tra le dieci peggiori a livello nazionale per reddito medio annuo:
- Trapani con 18.631 euro;
- Caltanissetta con 18.477 euro;
- Enna con 18.027 euro;
- Ragusa con 17.625 euro;
- Agrigento, fanalino di coda, con appena 17.540 euro.
Questi numeri delineano una condizione di fragilità strutturale che riguarda gran parte della popolazione siciliana, soprattutto nei territori interni e lontani dai poli urbani ed economici più forti.
Un divario da colmare
Il quadro tracciato dalla Cgia di Mestre mette in luce una realtà difficile per la Sicilia, che necessita di politiche mirate allo sviluppo economico e alla crescita occupazionale. Senza interventi concreti, il divario con il resto del Paese rischia di ampliarsi ulteriormente, compromettendo la possibilità di un rilancio sostenibile per il territorio.












