Una targa ormai quasi completamente illeggibile, posta sul muro a destra del portico del Palazzo Centrale dell’Università di Catania, ricorda con “animo grato” l’eroico atto di una figura femminile, una donna siciliana, Andreana Sardo: si deve soltanto alla presente eroina risorgimentale la persistenza attuale del Palazzo centrale dell’Università di Catania.
La memoria di Andreana Sardo, infatti, è legata prevalentemente ad una vera e propria epopea culturale e patriottica avente come obiettivo ultimo quello di salvaguardare da un terribile incendio il Palazzo dell’Università di Catania, documentazioni, tomi e materiali tecnico-scientifici annessi.
Al fine di contestualizzare “la virtù di zelo e il virile coraggio” di Andreana è necessario un tuffo nel passato, un riferimento alla condizione del meridione italico nella prima metà dell’Ottocento: il 6 aprile 1849 i Borbone mettono a ferro e fuoco la città, dando alle scene una feroce repressione che sferza terribilmente il capoluogo etneo. In risposta alla partecipazione della città siciliana alle mobilitazioni democratiche svoltesi appena l’anno precedente, le truppe borboniche danno alle fiamme i plurali e splendidi palazzi che popolavano, al tempo, la via Etnea; le abitazioni, saccheggiate, vennero completamente rase al suolo, ridotte ad un cumulo di macerie. Ma non si trattò soltanto di una ferocia iconoclasta, com’è facilmente intuibile: furono migliaia i feriti, moltissimi trovarono persino la morte, stupri e violenze non mancarono all’appello.
Nel biennio 1848-49 il Siculorum Gymnasium è un punto nevralgico, nonché centro di elaborazione attiva delle idee liberali: all’interno dell’edificio, tra gli spazi della cultura, i comitati cittadini, insieme a studenti e professori nutriti della medesima e imprescindibile liberalità, organizzano la resistenza contro i Borbone, attivando la tipografia d’Ateneo che, indefessa, stampa proclami, volantini, opere letterarie e componimenti poetici miranti a diffondere i principi di giustizia e libertà.
Proprio in questo contesto di grande vivacità culturale e politica nasce e si forma Andreana Sardo, nipote di Giovanni Sardo, professore di Umanità latina, poi Bibliotecario Generale, già sospettato di carboneria negli anni Venti. Pur trovandosi al sicuro, lontano dai roghi cittadini e dalla distruzione comminata dai Borbone, Andreana, una volta apprese quali erano le raccapriccianti condizioni in cui versava la sua città, non esita a gettarsi nella mischia e, facendosi largo tra le vie e le piazze grondanti cadaveri e macerie, riuscì a raggiungere il generale Nunziante, capo delle truppe borboniche, giunto, nel frattempo, al bivio di Rinazzo, lì dove la via Etnea incrocia la villa Bellini.
Con un’opera di persuasione lo convinse a risparmiare il Palazzo dell’Università e si precipitò a spegnere le fiamme che già si stavano ingrossando all’interno dell’edificio, insieme ad un nugolo di soldati, salvando così da distruzione certa le due grandi Biblioteche, la Ventimiliana e l’Universitaria, i laboratori di fisica, anatomia, storia naturale, e l’Osservatorio Meteorologico.
L’impresa appare, dunque, bivalente: in grembo al sentito coinvolgimento che la donna mostrò di nutrire nei confronti dei prestigiosi luoghi della cultura, nonché valenti dal punto di vista storico-artistico, risiede anche la lucida consapevolezza di star lottando per salvaguardare il cuore pulsante del liberalismo catanese, fulcro precipuo e irrinunciabile dei futuri sviluppi di matrice antiborbonica e democratica cui l’intera penisola andrà poi incontro.
L’eroico gesto, costatole anche il coma a causa delle inalazioni cui strenuamente si sottopose, venne ripagato consentendole di abitare nei mezzanini dell’angolo nord-ovest e di custodire le chiavi della biblioteca, la stessa che aveva salvato dalla devastazione. Andreana è stata la salvatrice e la custode di un patrimonio inestimabile che è arrivato integro ai nostri giorni proprio per merito della sua prode e ardita virtù.