Renato Guttuso è certamente uno degli artisti più importanti che hanno segnato il Novecento. Inconfondibile per l’uso di forti colori e tratti nelle sue opere, il pittore siciliano ha lasciato un’eredità non indifferente alle sue spalle. Fondamentale per la sua arte è stato certamente il suo coinvolgimento politico, soprattutto considerando il contesto storico nel quale il pittore ha vissuto, caratterizzato dalla forte presenza del regime fascista.
Guttuso nacque a Bagheria il 26 dicembre del 1911, anche se fu registrato a Palermo solo il 2 gennaio, dato che i suoi genitori erano in contrasto con l’amministrazione del proprio comune a cause delle loro idee liberali. Fu iniziato all’arte da giovanissimo, dato che il padre era un acquerellista dilettante e frequentava spesso botteghe di artisti, portando con sé il piccolo Renato. Crescendo in un tale clima, il giovane Renato proseguì la sua carriera nel mondo dell’arte fino a diventare il grande e famoso Guttuso.
Il legame con la Sicilia
In ogni suo quadro, per quanto possa cambiare il periodo di realizzazione, l’aspetto cromatico o il soggetto, un elemento comune è sempre presente: si tratta della Sicilia. La terra d’origine di Guttuso è infatti visibile in ogni opera del pittore siciliano, sia esplicitamente che implicitamente. Lo stesso pittore dichiarò più volte questa costante presenza delle sue origini all’interno dei propri quadri.
E il forte legame con l’Isola maggiore italiana è espresso anche in un’intervista del suo conterraneo regista Giuseppe Tornatore. Quest’ultimo infatti, chiese al pittore dove avesse trovato la Sicilia nei suoi numerosi viaggi e la risposta di Guttuso non si fece attendere: “In Sicilia. Non credo ci sia al mondo un posto come la Sicilia. Sono un siciliano viziato”.
Un’opera in cui è possibile notare un’esplicito richiamo alla sua terra d’origine è di certo “Fuga dall’Etna”. Il dipinto, oggi esposto alla Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ha alla base un messaggio prevalentemente socio-politico ma lo sfondo del quadro è la Sicilia, in particolare l’Etna. Il soggetto del quadro è una scena apocalittica: delle persone fuggono durante l’eruzione dell’Etna e il caos che essa genera può facilmente essere paragonato alla condizione di sottomissione dell’Italia al regime fascista tra gli anni ’30 e ’40. Tuttavia, lo scopo del pittore era più quello di innescare un sentimento di ribellione in quanti lo vedessero, manifestando il suo dissenso contro il regime e sottolineando la volontà dell’uomo di salvarsi e sopravvivere ad eventi catastrofici.
La politica
L’impegno politico è stato forse l’elemento maggiormente caratterizzante della pittura di Renato Guttuso. Essendo egli stesso molto impegnato a livello politico, era quasi impossibile che questo fattore non apparisse nelle sue realizzazioni artistiche. Ecco dunque che dietro molte sue opere si trovano motivazioni di carattere prevalentemente politico, soprattutto per dimostrare il proprio dissenso dalle condizioni in cui versava la politica italiana.
Alla fine degli anni ’70, Guttuso ebbe anche modo di entrare in politica a tutti gli effetti, ottenendo il posto di Senatore della Repubblica Italiana come esponente del Partico Comunista Italiano. Il legame con il PCI iniziò però già negli anni ’40, quando Renato Guttuso si iscrisse al partito allora clandestino, per il quale disegnò anche il celebre simbolo con falce e martello su bandiera rossa e italiana. Alla sua morte, ebbe anche un funerale laico e di partito, caratterizzato dalla presenza di bandiere rosse del PCI.
Fondamentale per comprendere il coinvolgimento politico di Guttuso è il quadro “I funerali di Togliatti”. Dipinto nel 1972, esso divenne un vero manifesto dell’antifascismo del dopoguerra. In esso sono presenti molti personaggi simbolo del comunismo presenti, anche se molti in maniera anacronistica, al funerale del segretario generale del PCI Palmiro Togliatti: tra la folla si possono infatti vedere Trotsky, Pasolini, Vittorini e persino Marx e Engels. Evidente la presenza di numerose bandiere rosse, segno manifesto del comunismo.
L’impegno sociale
Nonostante il forte impegno politico, Guttuso ebbe modo di realizzare anche quadri di natura differente. Uno di questi è certamente “Gli addii di Francoforte”, nel quale è possibile vedere due giovani che si abbracciano. L’anno di realizzazione del dipinto può essere fondamentale per capire cosa può trovarsi alle spalle di esso.
Era il 1968 e in tutta Europa, e non solo, erano in corso forti proteste e ribellioni da parte di due categorie della società che sono sempre state in fermento: studenti e operai. L’opera di Guttuso potrebbe quindi aver mirato al lancio di un messaggio opposto a quello della lotta, rimarcando il senso di amore che in quel tempo di conflitto poteva essere considerato come un vero gesto rivoluzionario.
La vita privata
Nella vita di Guttuso furono presenti principalmente due figure femminili. Una è la moglie, Mimise, che fu anche ritratta dall’artista con addosso un abito rosso in uno dei tanti “Ritratto di Mimise”. La donna fu la sua confidente e morì un anno prima dell’artista.
Tuttavia, quella che probabilmente può essere indicato come l’amore della sua vita è sicuramente Marta Marzotto. La donna fu una nota modella e stilista italiana e fu una vera musa ispiratrice per molti quadri di Guttuso, sebbene la Marzotto non posò mai per il pittore. Nonostante entrambi fossero già sposati, la relazione tra i due durò per ben vent’anni. A lei è dedicata la serie delle “Cartoline”, vale a dire trentasette disegni che hanno come soggetto i sentimenti e le emozioni provate da Guttuso nei confronti della Marzotto.
L’opera più nota
Il dipinto più noto di Renato Guttuso è certamente “La Vucciria”, nel quale si sintetizzano tutti gli elementi che caratterizzano lo stile dell’artista siciliano. Dal tema e ambientazione prevalentemente sicula, dato che la Vucciria è il mercato di Palermo, passando per i colori accesi e sgargianti, senza dimenticare le figure umane dai tratti segnati e scuri.
Dipinto nel 1974, il quadro è oggi conservato a Palazzo Steri, nella stessa città di Palermo. La sicilianità è sicuramente l’elemento principale del quadro, e in un certo senso anche quello dell’artista, il quale dichiarò: “Anche se dipingo una mela, c’è la Sicilia”.