Guardiamoci intorno: quanti nostri conoscenti hanno deciso precocemente di concludere la loro carriera da studenti, convinti che questa fosse un’inutile perdita di tempo? Una realtà che il tempo ha certamente arginato, ma di cui non ha permesso la totale scomparsa.
L’Italia è la prima in Europa per numero di abbandoni, e la Sicilia è la prima in Italia nel medesimo campo. E ad ogni siciliano che finge di non essere a conoscenza di tali verità, la Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, dona dei dati, costringendo a non essere indifferenti: il 21% dei giovani siciliani lascia gli studi dopo la terza media, con punte del 25,2% a Catania e del 27,1% a Caltanissetta.
Il capoluogo etneo occuperebbe, in particolare, il penultimo posto all’interno della classifica che rivela l’interesse dei giovani italiani del Sud nei confronti di libri e lezioni: qui, su una popolazione fra i 18 e i 24 anni di 91.263 soggetti, ben 23.675 con la terza media hanno lasciato la scuola anzitempo; di questi, solo 708 hanno concluso corsi di formazione professionale, e 22.968 non hanno completato nulla.
Le altre città siciliane non registrano realtà così diverse, solo numeri altrettanto negativi: a Ragusa il 23,88% dei ragazzi abbandona i corsi di studio ma seguono Enna con il 22,9%, Trapani con il 20,3%, Siracusa con il 16,9% ed Agrigento con il 16%. È questo il quadro delineato a partire dal rapporto “Education and Training Monitor 2017” dell’Ue e grazie ai dati Istat elaborati dalla Svimez – riportati da “La Sicilia” – e riflesso di una gioventù con risultati banali in italiano, matematica e scienze, svogliato e con limitate opportunità di lavoro e futuro.
Un problema che, secondo Gianni Bocchieri, docente dell’Università di Bergamo, non sarebbe conseguenza di un quoziente intellettivo mediocre, bensì elle condizioni socio-economiche: “Il tasso di abbandono scolastico siciliano è il più alto tra le regioni italiane (il 21% nel 2017) e gli studenti che frequentano il tempo pieno sono appena il 7%, a fronte di una media nazionale del 35%. Il rapporto 2018 sulle prove Invalsi rileva che in Sicilia è più alta l’incidenza di insoddisfacenti risultati dell’apprendimento,- continua Bocchieri-con studenti dallo status socio-economico più svantaggiato che non conseguono neppure i livelli minimi di competenze. Questi problemi si riflettono sul passaggio all’università, con il calo delle iscrizioni che nell’ultimo quinquennio è stato di circa l’8%”.
La Regione tenterebbe di combattere questa situazione critica ampliando l’offerta formativa, aumentando il numero di ore, mettendo in pratica misure di contrasto alla dispersione scolastica e ponendo particolare attenzione alle situazioni di svantaggio sociale: lo scopo sarebbe rivoluzionare l’intero sistema di istruzione e formazione, riducendo anche il divario tra istruzione e lavoro attraverso il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato formativo finalizzato ad acquisire un titolo.