Due episodi avvenuti durante gli esami di maturità in Veneto hanno sollevato un ampio dibattito pubblico. A Padova, uno studente del liceo scientifico Fermi ha scelto di non sostenere il colloquio orale, convinto che i voti ottenuti fino a quel momento fossero sufficienti per ottenere il diploma. Dopo aver firmato il registro, si è congedato con un semplice “Signori, grazie di tutto, ma io questo colloquio di maturità non lo voglio sostenere. Arrivederci”. Stesso copione, ma motivazioni diverse, a Belluno: una studentessa del liceo Galilei ha rinunciato all’orale per lanciare un messaggio critico contro il sistema scolastico, che secondo lei manca di empatia e attenzione verso il benessere psicologico degli studenti.
La reazione di Valditara: “Chi boicotta l’orale sarà bocciato“
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è intervenuto con fermezza sulla vicenda, annunciando una riforma imminente che modificherà l’attuale struttura dell’esame di maturità. “Comportamenti simili non saranno più possibili”, ha dichiarato, specificando che chi deciderà volontariamente di non sostenere l’orale – non per mancanza di preparazione, ma per protesta o calcolo – dovrà ripetere l’anno scolastico. Il nuovo impianto normativo in arrivo mira dunque a rafforzare il valore dell’esame orale come parte imprescindibile del percorso di valutazione finale.
Maturità e senso di responsabilità: scuola o campo di battaglia?
La posizione del ministero punta a evitare che l’esame venga vissuto come una “formalità” aggirabile. Tuttavia, i due casi evidenziano anche un malessere profondo. Da una parte c’è chi sfrutta le regole per un calcolo aritmetico, dall’altra chi trasforma il momento valutativo in un atto di denuncia verso una scuola percepita come distante. Le dichiarazioni della studentessa di Belluno pongono l’accento su una questione tutt’altro che secondaria: la maturità è solo un esame o anche una tappa per riflettere sul sistema educativo e sul dialogo intergenerazionale?











