Da questa settimana si entrerà nel vivo dei festtiamenti legati al Carnevale ! in poco tempo le città e tutti i paesi saranno avvolti da colori, musica, carri allegorici e tante maschere. Le strade, le piazze si trasformeranno in palcoscenici pronti a trasportare il pubblico dentro una nuova realtà fatta di colori e allegria.
Non sono divertimento ma anche tradizione e storia. D’altronde i festeggiamenti del Carnevale affondano le radici nelle antiche tradizioni delle civiltà greca e romana. Momenti in cui la popolazione si abbandonava al divertimento sfrenato, alla danza e al banchetto Spesso travestendosi per sfuggire alle rigide convenzioni sociali. Proprio per questo le parate e i costumi che indossiamo riescono ad evocare miti e tradizioni di un’epoca lontana. Un vero e proprio momento di libertà e di trasgressione.
Per quanto concerne l’etimologia della parola Carnevale, forse la più attestata è l’origine latina “carnem levare”, che significa letteralmente “eliminare la carne”. Questo nome faceva riferimento al sontuoso banchetto che si celebrava l’ultimo giorno di Carnevale, il famigerato martedì grasso, prima che iniziasse il lungo periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. Così, il Carnevale diveniva un’opportunità per concedersi ogni piacere gastronomico e per vivere senza restrizioni, prima di affrontare le privazioni imposte dalla Quaresima.
Il nostro tanto amato Carnevale affonda le sue radici nei Saturnali dell’antica Roma e nelle celebrazioni Dionisiache dell’antica Grecia, momenti in cui il controllo e le rigide convenzioni sociali venivano temporaneamente sospesi. Durante queste festività, era permesso abbandonarsi al divertimento più sfrenato, lasciando da parte doveri e impegni quotidiani per dedicarsi a scherzi e divertimento. Mascherarsi, inoltre, era il modo per nascondere la propria identità. Un momento in cui ricchi, poveri, donne e uomini su confondevano tra loro, annullando così ogni distinzione sociale. Questi breve periodi di libertà può ossere sintetizzata in un antico detto latino “semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito impazzire)
Saturnali, celebrazioni dell’antica Roma, dove i protagonisti indiscussi erano banchetti sontuosi, sacrifici e doni simbolici chiamati “strenne“. Gli schiavi diventavano per un giorno liberi, mentre un “princeps” ,una sorta di caricatura dei nobili, veniva scelto a sorte per governare, indossando maschere buffe e colori sgargianti. Non solo divertimenti ma anche omaggi a Saturno, divinità protettrice delle anime e dei raccolti, che durante l’inverno vagava in cerca di doni per garantire un buon raccolto.
Non solo Saturno ma anche Iside! D’altronde nel mondo antico romano, la festa in onore della dea egizia Iside, importata anche nell’Impero, era un vero e proprio spettacolo di colori e mistero. Durante queste celebrazioni, si potevano vedere gruppi mascherati, una tradizione che Lucio Apuleio descrive nel suo romanzo “Lucio o l’asino”. Anche in questo caso trasgressione e catarsi diventano protagoniste delle celebrazioni. Veniva infatti avvolto un uomo con pelli di capra e condotto in processione. Il Mamurio Veturio, così veniva chiamato, durante la propria sfialta veniva colpito dai passanti. Chi fosse esattamente questo personaggio rimane un mistero, ma il suo ruolo, simbolico e forse ironico, segnava la fine del vecchio anno e l’inizio di quello nuovo.
Le Dionisiache nate nel 535 a.C. circa, grazie al tiranno Pisistrato, momenti in cui la città intera si fermava per rendere omaggio al Dio del vino, della gioia e della liberazione. In queste occasioni anche i carcerati venivano temporaneamente rilasciati per poter partecipare attivamente alla festa!
Le feste in onore di Bacco, infatti, erano celebrazioni sfrenate e licenziose, che i Greci chiamavano “kômos”, un termine che indicava le orge e i banchetti, accompagnati da canti e danze. Queste feste, piene di eccessi, erano considerate momenti di liberazione e trasgressione, durante i quali la società si lasciava andare a comportamenti altrimenti proibiti.
Le Dionisiche possono essere tradotte come riti utili per esorcizzare la paura. I popoli greci legato alla terra, temeva le forze oscure dell’inverno, che portavano gelo e malattie. Così, per superare questa crisi, si organizzavano riti che esorcizzassero la morte dell’inverno e portassero nuova vita. Le danze frenetiche, i riti orgiastici, i banchetti e l’eccesso di alcol servivano a stimolare gli Dei e a invocare la fertilità della terra. Le maschere, poi, avevano un potere straordinario. Non erano solo oggetti per celare l’identità, ma chi le indossava assumeva un’altra personalità, come se fosse posseduto dalla divinità stessa. In questo stato di trance, ogni gesto era giustificato dal Dio, e ogni eccesso veniva accettato come naturale. La violenza, la risata, la ribellione e la libertà diventavano gli ingredienti di una festa selvaggia, che, purtroppo, durava solo per un breve periodo, prima di tornare la calma e l’ordine sociale.
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