Pensione a 64 anni: con le ultime modifiche legislative, andare in pensione a 64 anni diventa una possibilità concreta per molti lavoratori che hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996. Questa opportunità è estesa a chi è iscritto a un fondo di previdenza complementare, grazie alla possibilità di utilizzare la rendita accumulata per raggiungere le soglie minime richieste.
Un emendamento approvato alla Camera consente ai lavoratori con il sistema contributivo di sommare la pensione obbligatoria alla rendita della previdenza integrativa. Finora era possibile calcolare solo la pensione maturata tramite il sistema obbligatorio. Questa integrazione permette di superare le soglie minime per il pensionamento anticipato, fissate a tre volte l’assegno sociale (1.603 euro nel 2024).
Dal 2025, ad esempio, un lavoratore che ha maturato una pensione di 1.300 euro mensili presso l’INPS e una rendita di 350 euro da un fondo pensione privato, potrà andare in pensione a 64 anni, raggiungendo così un totale di 1.650 euro mensili. Tuttavia, la manovra introduce anche due importanti freni: l’aumento progressivo degli anni di contributi richiesti, che saliranno da 20 a 25 anni nel 2025 e a 30 nel 2030, e un incremento della soglia minima, che passerà da 3 a 3,2 volte l’assegno sociale entro il 2030.
Chi non possiede una previdenza complementare o decide di non utilizzarla potrà comunque accedere alla pensione a 64 anni seguendo le attuali regole vigenti, senza subire l’aumento delle soglie.
Le nuove disposizioni prevedono quindi un monitoraggio per valutare gli effetti sulla spesa pubblica, stimata in un aumento contenuto. I costi saranno così compensati dai risparmi ottenuti con l’innalzamento delle soglie d’accesso.
La pensione anticipata raggiunta a 64 anni non sarà cumulabile con redditi da lavoro, fatta eccezione per attività autonome occasionali entro il limite di 5.000 euro lordi annui.
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