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25 novembre, femminicidi e violenza di genere: i dati del primo semestre 2024

Giulia, Serenella, Rosa, Lucia, Pierpaola…

I puntini di sospensione, purtroppo, sono dovuti, perché questo elenco non conosce fine. Questi nomi potrebbero non significare alcunché alle orecchie dei più, eppure recano con sé un peso assai gravoso, che trasuda tutta la vergogna e il disonore di un fenomeno con cui ci scontriamo quotidianamente.

Ogni giorno, è sufficiente guardare il TG, leggere un giornale o ascoltare la radio per imbattersi nelle storie, dai tragici risvolti, di donne vittime di violenza, strappate via a questo mondo, che con loro ha mostrato il suo volto più crudele. E, anche quando l’epilogo non è costituito dalla parola “morte”, le vicende sconquassano completamente la vita delle vittime, spaccandola in due e provocando una ferita che, a fatica, si rimarginerà. Notizie continue, che si rincorrono, veloci, una dietro l’altra, e che alimentano la dilagante piaga sociale della violenza di genere, che non conosce tregua.

Il report ministeriale del luglio 2024

Il report del Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, pubblicato nel luglio 2024, evidenzia i dati relativi alla violenza di genere, riferiti, in particolar modo, al periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 30 giugno 2024, ponendo un confronto con il medesimo semestre dell’anno precedente (2023).

Dal raffronto emergono risultati dalla duplice natura: più consolanti sono le diminuzioni dell’8% degli atti persecutori (da 9.359 a 8.592) e del 2% delle violenze sessuali (che passano da 2.991 a 2.923); d’altro canto, però, cresce la preoccupazione con riferimento all’aumento dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, che, dal numero di 11.808 crescono fino a raggiungere i 12.424.

Nei primi sei mesi dell’anno in corso, si è assistito al progressivo aumento, rispetto ai corrispondenti mesi del 2023, delle “nuove” ipotesi delittuose, contemplate dal Codice Rosso del 2019; tra esse, si ricordano quelle costituenti violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, la costrizione o l’induzione al matrimonio. In riferimento al delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, si registra, al contrario, un lieve calo, pari al 9 %.

L’autore del delitto

Nella maggior parte dei casi, è il marito, il compagno, l’ex, il partner occasionale, ad assumere il volto dell’aggressore e a macchiarsi col sangue della donna che sosteneva di amare. In altri casi, invece, la mano è quella dei figli, dei conoscenti, dei padri. Nonostante si utilizzi soprattutto il maschile per indicare il responsabile, non mancano le volte in cui sono le stesse donne ad uccidere, perfino le madri che, seguendo una direzione del tutto innaturale e neanche lontanamente immaginabile, infondono orrore, anziché amore, nella vita dei propri figli.

Il “perché” del delitto

Molteplici sono i moventi che guidano la mano degli autori di questi atroci reati: gelosia, ossessione, possesso, vendetta. Tutte ragioni, queste, che mal si conciliano con l’idea di amore e con il clima che – il condizionale è d’obbligo, ahimè – dovrebbe animare ogni rapporto. Si sviluppa, in tal modo, una logica malsana che, ben lungi dall’arricchire lo spirito del singolo individuo e dal farlo elevare sempre di più, contribuisce ad alimentare le paure, facendo prevalere la totale incapacità di accettare la fine della propria relazione o la riacquistata felicità dell’ex compagna tra le braccia di un altro uomo. Dai dati appare chiaro quanto, in alcuni casi, giochi un ruolo fondamentale la particolare condizione in cui il singolo si trova, soprattutto se contraddistinta da malattia, solitudine e problematiche psichiatriche.

Età delle vittime

Anche sul versante dell’età delle vittime, non si conosce limite alcuno, colpendo indistintamente tutte le fasce. Tra le donne uccise nei primi quattro mesi del 2024, ad esempio, 8 di loro avevano un’età compresa tra i 41 e i 50 anni, 9 erano ultrasettantenni, mentre la vittima più piccola aveva un’età al di sotto dei 7 anni addirittura.

I dati del semestre gennaio – giugno 2024

Sulla base di ciò che risulta dal documento ministeriale, tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2024, si sono verificati 141 omicidi, con 49 vittime donne, delle quali 44 sono state uccise in quell’ambito che, in teoria, dovrebbe simboleggiare sicurezza e protezione, ossia quello familiare ed affettivo; di queste, 24 sono morte per mano del proprio compagno o ex compagno. Nonostante il numero ancora tanto elevato, si registra un calo (di oltre il 30%) dei femminicidi rispetto allo scorso anno: dai 41 del quadrimestre iniziale del 2023, si è passati ai 28 del corrispondente periodo del 2024.

Dal confronto tra i due semestri, rispettivamente del 2023 e del 2024, emerge un quadro più rassicurante, seppure ancora troppo lontano dalla conclusione di quella che, al giorno d’oggi, rappresenta un flagello continuo della nostra società. Si assiste, infatti, ad una complessiva diminuzione, dal largo raggio d’azione, investendo molteplici aspetti critici: il numero degli omicidi commessi (scesi da 176 a 141) ed il relativo numero delle vittime di genere femminile (calato del 21%, da 62 a 49), le ipotesi di delitti commessi in ambito familiare e/o affettivo (passate da 81 a 67) e le relative vittime di genere femminile (da 53 a 44) e, infine, il numero degli omicidi commessi dal partner o ex partner (calato del 19%, da 36 a 29) e quello delle relative vittime di genere femminile (diminuito del 25% e passato da 32 a 24).

Il report non manca di analizzare anche l’azione di contrasto a questi reati, mostrando un incremento pari al 18% delle segnalazioni a carico dei presunti autori noti, pari al 23% di quelle relative ai maltrattamenti contro familiari e conviventi e del 5% per quelle delle violenze sessuali.

Il 25 novembre (da solo) non basta

Se si volge lo sguardo agli ultimi anni, la situazione, complessivamente considerata, così come la stessa risulta dal documento ministeriale, potrebbe essere scambiata per il (quasi) finale, fortemente auspicato, di una vera e propria strage. Niente di più errato: la consapevolezza dell’evidente ma lieve miglioramento dei dati dovrebbe far scaturire in noi, in tutti noi, anziché la sicurezza di “essere arrivati a destinazione”, la convinzione che ancora molto si può fare – e si deve fare – e che la meta, seppur lontana, non è irraggiungibile.

Sara Morreale

Laureata in giurisprudenza all'Università di Catania, che miscela l'amore per il ricco mondo del diritto alla passione per la scrittura e il racconto.

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Sara Morreale

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