
Ancora una volta la Sicilia si rivela scrigno di antichi tesori, che consentono di viaggiare nel tempo.
Nella provincia di Catania, nello specifico a Vizzini, la squadra di archeologi dell’Università di Gottinga, in Germania, guidati da Johannes Bergemann, hanno riportato alla luce un reperto di inestimabile valore. Quello che si è presentato agli occhi degli archeologi, è un antico villaggio romano risalente al periodo compreso tra il II e il IV secolo d.C.. Tra i resti ritrovati spiccano quelli di una immensa domus romana.
Il complesso è stato ritrovato in un’area situata a 500 metri sul livello del mare e costituisce una preziosa testimonianza della presenza e organizzazione degli insediamenti romani sul territorio siciliano.
Questa significativa scoperta archeologica, presentata al Comune di Vizzini lo scorso 16 ottobre e in programma di essere illustrata il 3 febbraio 2025 presso l’Università di Gottinga, non solo accresce e conferma la ricchezza del patrimonio storico e culturale siciliano, ma apre anche prospettive per future ricerche archeologiche.
Si stima che il villaggio romano ritrovato, si estendesse su una superficie di circa 15 ettari e parrebbe essere stato abitato da persone di alto rango sociale.
Tra i resti sono emerse anche fontane con vasche in marmo e numerosi frammenti di ceramica romana di pregio, tutti elementi che confermano l’appartenenza di chi vi abitava ad una comunità abbiente e attivamente coinvolta nelle dinamiche economiche dell’Impero Romano.
Oltre al suo ineccepibile valore storico, la scoperta rappresenta anche l’occasione per leggere un nuovo capitolo della storia della Sicilia, offrendo questi resti una nuova prospettiva da cui osservarla. Infatti, proprio durante l’epoca imperiale, la Sicilia si affermò come un vivace centro di produzione agricola, costellata di insediamenti rurali e ville lussuose. Le ville rurali, come quella scoperta a Vizzini, non erano solo fulcri di attività agricola: esse rappresentavano veri e propri simboli di prestigio sociale e di potere. Funzionavano come motori di un’economia basata su commerci a lunga distanza, dimostrando il ruolo cruciale della Sicilia quale crocevia di scambi commerciali e culturali nell’impero romano.
L’eccezionale scoperta è stata possibile grazie all’uso di tecniche di indagine geofisica avanzata. Nel 2023, la squadra guidata da Bergemann aveva eseguito rilevamenti geofisici nella zona, che avevano permesso di mappare il sottosuolo senza scavi immediati. Solo successivamente gli archeologi hanno avviato gli scavi fisici, confermando la presenza di una struttura di 30 per 13 metri.
Particolare attenzione ha destato una delle sale più grandi, probabilmente destinata a incontri ufficiali o cerimonie, che misura circa 100 metri quadrati e presenta un pavimento decorato con raffinati mosaici, parzialmente visibili.
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