La Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea a causa della persistente violazione della normativa comunitaria riguardante il lavoro a tempo determinato nel settore scolastico. L’Italia non ha adottato le misure necessarie per contrastare l’abuso dei contratti a termine e per eliminare la discriminazione nei confronti del personale docente e ATA (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario).
In particolare, la Commissione contesta l’assenza di una progressione salariale incrementale per i docenti a tempo determinato, basata sul servizio prestato in precedenza. Questa mancanza crea una disparità di trattamento rispetto ai docenti di ruolo, i quali beneficiano di aumenti di stipendio legati all’anzianità. Inoltre, la Commissione segnala che l’Italia non ha messo in atto misure efficaci per prevenire l’abuso di contratti a termine nel caso del personale ATA, violando così le norme europee sul lavoro.
Il procedimento di infrazione contro l’Italia è stato avviato nel luglio 2019 con una prima lettera di costituzione in mora, seguita da una seconda lettera nel dicembre 2020 e da un parere motivato emesso nell’aprile 2023. L’Italia non ha fornito una risposta adeguata al parere motivato, portando la Commissione a deferire il caso alla Corte di Giustizia. L’organo europeo sta inoltre valutando eventuali azioni aggiuntive per sanzionare l’abuso dei contratti a termine e la discriminazione dei lavoratori precari anche in altri settori della pubblica amministrazione.
Il contesto di questa decisione si inserisce in un quadro di crescente precarietà nel settore scolastico italiano. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, il numero di docenti con contratti a tempo determinato è più che raddoppiato negli ultimi sette anni, passando da 100.000 nel 2015-2016 a 235.000 nel 2022-2023. L’incremento è particolarmente rilevante nell’ambito del sostegno agli studenti con disabilità, dove i docenti precari sono aumentati di 92.000 unità (+250%). Anche per i posti comuni si è registrato un incremento di 42.000 docenti precari (+66%).
Nonostante l’importanza di questi numeri, i docenti precari continuano a non beneficiare degli scatti di anzianità salariali, una condizione che contribuisce ad acuire il divario rispetto ai colleghi di ruolo, alimentando ulteriori tensioni nel settore.
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