Si è appena concluso il tanto atteso evento “L’amore in jazz” presso la nostra Villa Bellini di Catania. “L’amore in jazz” evento straordinario, capace di unire: arte, filosofia e musica, in una serata magica che ha permesso a tutti i suoi spettatori una vera e propria esperienza sensoriale immersiva. Un viaggio tra pensiero e suono, dove le note jazz si sono intrecciate con profonde riflessioni sull’amore, dando vita a un dialogo che ha coinvolto mente e cuore.
Umberto Galimberti , è riuscito a conquistare i cuori di tutti i siciliani, tutto questo con solo due tappe in Sicilia: la prima, sabato 31 agosto al Teatro di Verdura di Palermo, l’ultima proprio a Catania presso la storica Villa Bellini di Catania.
Le note jazz
Sul palco, oltre Galimberti, anche Piero Delle Monache e Dino Rubino, due eccellenze del jazz italiano, ciascuno con un percorso artistico che li ha portati a calcare i palcoscenici più prestigiosi del mondo. Piero Delle Monache, classe 1982 riconosciuto come “una delle dieci promesse del jazz del futuro” da GQ Magazine e celebrato come “eccellenza nazionale”.
Dino Rubino, jazzista catanese di grande sensibilità artistica, ha iniziato la sua formazione musicale studiando pianoforte classico presso il Conservatorio “V. Bellini” di Catania. Tuttavia, l’incontro con il trombettista Tom Harrell nel 1994 lo ha spinto a cambiare direzione, abbandonando il pianoforte classico per dedicarsi allo studio della tromba.
I talentuosi artisti sono riusciti ad unire le loro esperienze e la loro musica, creando delle emozionati connessioni musicali e culturali.
L’amore e la razionalità
Durante il corso della serata Galimberti ha spiegato come l’amore non sia un atto razionale. L’amore, secondo una visione, che sfida la nostra comprensione razionale, non appartiene all’Io, alla nostra parte logica e controllata. Non ha nulla a che fare con la razionalità. Proprio per questo motivo le parole “io ti amo” sono intrinsecamente ambigue e difficili da credere fino in fondo. Quando pronunciamo queste parole, non è chiaro quale parte di noi stia realmente parlando: potrebbe essere il desiderio, la passione, l’idealizzazione, l’angoscia della solitudine o il bisogno di emancipazione.
L’amore, in definitiva è una forma di follia, una forza travolgente e profonda che ci invade, dalla quale, una volta entrati, non sappiamo se potremo mai realmente uscirne. Questa prospettiva evidenzia l’aspetto irrazionale e incontrollabile dell’amore, che sfugge a qualsiasi tentativo di essere compreso o domato dalla logica.
Perché amiamo l’altro?
Quando ci innamoriamo, la nostra parte razionale cede il passo a quella più irrazionale, che si immerge nella follia, rivelando un io nuovo e diverso da quello che conoscevamo. Questo cambiamento avviene grazie all’altro, che è riuscito a comprendere e a svelare questa parte nascosta di noi stessi. Ci fidiamo dell’altro perché è stato proprio lui a rivelarci una nuova parte di noi stessi.
Il fatto che l’altro conosca questa nostra parte irrazionale ci rassicura, ci fa comprendere che non si è soli in questo viaggio. La comprensione dell’altro ci fa sentire protetti, perché si è coscienti che, qualora ci perdessimo in questo labirinto di emozioni, ci sarà sempre qualcuno pronto ad indicarci una via d’uscita. In fondo, chi conosce davvero la tua follia è colui che non solo ti accompagna nell’entrarci, ma ti offre anche la sicurezza di poter uscirne quando ne avrai bisogno.
L’amore e l’individualismo
L’amore quindi è in continuo movimento, in continua evoluzione, ma nonostante tutto rimane l’unico spazio in cui l’individuo può realmente esprimere sé stesso, al di fuori dei ruoli imposti da una società rigidamente organizzata dal punto di vista tecnico. Tuttavia Galimberti ci invita ad osservare l’altra faccia della moneta. Questo stesso locus amoenus col tempo è diventare anche il luogo in cui l’individualismo si è pian piano radicalizzato, trasformando l’amore in una ricerca narcisistica, in cui le persone vedono nell’altro uno specchio del proprio “Io”. Le relazioni si sono così trasformate in mezzi per affermare il proprio Sé, piuttosto che in autentici rapporti di scambio e condivisione con l’altro. Galimberti così dipinge un quadro dell’amore moderno che è tanto affascinante quanto inquietante, invitandoci a riflettere su come, in un mondo sempre più dominato dalla tecnica e dall’individualismo, possiamo riscoprire il vero significato di questo sentimento così profondamente umano.