I dati del gender gap nelle discipline STEM sono ancora preoccupanti: il numero di donne sul totale dei nuovi iscritti ai corsi di laurea tecnico-scientifici è rimasto invariato rispetto a 10 anni fa. Di seguito un'analisi della situazione.
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Il termine “gender gap” è traducibile in italiano con “divario tra generi” e, come dice la definizione fornita dalla Treccani, fa particolare riferimento alle “differenze tra i sessi e alla sperequazione sociale e professionale esistente tra uomini e donne“. Nel caso specifico delle discipline STEM (ossia scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), i dati sono preoccupanti, nonostante il crescente interesse nell’ultimo decennio per queste materie, per le quali la sottorappresentanza delle donne continua a persistere. Ecco, di seguito, alcuni dati ed informazioni riguardanti la situazione.
Nel 2024, in un’epoca in cui tutto è proiettato verso la crescita scientifica e tecnologica, il gender gap fra uomini e donne nella scelta delle lauree STEM è ancora una grave realtà. Le motivazioni sono diverse: gli stereotipi, per esempio, sono inculcati nella testa dei bambini sin dalla tenera età e l’idea che le discipline STEM siano prettamente maschili scoraggia bambine e ragazze, convincendole che non siano materie adatte a loro, è purtroppo ancora comune.
Gli stereotipi, però, non riguardano solo l’educazione, ma anche il mondo del lavoro: basti pensare ai pregiudizi nelle assunzioni, nelle promozioni e nei finanziamenti.
Oltre a ciò, è fondamentale la mancanza di punti di riferimento femminili: le donne non sono infatti abbastanza rappresentate nelle posizioni di leadership STEM e questo rende più difficile per le ragazze trovare un modello da seguire. Marie Curie, Laura Bassi, Barbara McClintock, Trotula De Ruggiero… questi grandi esempi, purtroppo, non sono ancora abbastanza approfonditi negli studi scolastici.
Come riporta il Massachusetts Institute of Technology, nel 2023 il divario di genere nelle discipline STEM è rimasto significativo, con le donne che rappresentano solo il 28% della forza lavoro in questi settori. La presenza femminile è infatti pari al 24% negli Stati Uniti, al 17% nell’Unione europea, al 16% in Giappone e al 14% in India.
Nello specifico, i dati riguardanti l’Italia sono stati resi pubblici dal report ANVUR e dai grafici risalta subito all’occhio come in dieci anni, dal 2012 al 2022, il numero di donne sul totale dei nuovi iscritti ai corsi di laurea tecnico-scientifici non sia cresciuto, rimanendo pari al 39,3%.
Nel determinato caso delle lauree in ingegneria, come riporta il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dopo una crescita rilevante rispetto ai dati degli anni ’90, nel 2022 la percentuale di donne sul totale degli immatricolati si è rivelata essere uguale a quella del 2012. Tra le cause di questo fenomeno, è molto rilevante il fatto che essere laureate in materie STEM non garantisce alle donne parità di salario: a 5 anni dalla laurea, le donne prendono meno dei loro colleghi uomini.
Questa disparità è preoccupante, in quanto porta ad una mancanza di diversità e inclusione e, inoltre, limita il potenziale dell’industria STEM. Colmare il divario di genere, dunque, è fondamentale ed è considerato una necessità economica poiché rafforzerebbe la crescita sostenibile e l’innovazione.
Per questo motivo, l’Italia ha definito la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, cioè un piano quinquennale con lo scopo di creare un mondo lavorativo più equo in termini di pari opportunità di carriera, competitività e flessibilità. In particolare, a livello delle competenze, l’obiettivo è quello di incrementare la percentuale di studentesse iscritte a corsi di laurea STEM e la percentuale di professori ordinari donne. Sono importanti, a questo fine, iniziative come l’offerta di borse di studio messe a disposizione da fondazioni e atenei (tra cui anche quello di Catania) per incentivare le donne che scelgono gli studi STEM: un’azione concreta contro il gender gap che, però, da sola non basta.
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