La Sicilia nasconde un tesoro minerario senza eguali: forse il più grande giacimento di metano d’Europa. L'isola si riconferma, ancora una volta nella storia, fonte inesauribile di ricchezza, anche energetica.
“Il Sudest della Sicilia nasconde, probabilmente, il più grande giacimento di metano d’Europa…”, a rivelarlo è Tuccio D’Urso, ingegnere ed ex dirigente generale del Dipartimento Regionale dell’Energia durante il governo Musumeci. Scoperta che farebbe dell’isola un importante polo di estrazione di gas naturale.
La società Maurel e Prom, compagnia petrolifera specializzata nella produzione di idrocarburi, conferma l’ingente quantità di metano nel sottosuolo, senza però riconoscere all’isola un vero e proprio primato nel contesto europeo. Si tratta di un’ipotesi basata ancora su stime approssimative e su ricerche condotte su zone circoscritte, come quella di San Giacomo Bellocozzo, nel ragusano.
La notizia sembra però essere avvalorata da un’altra rilevante scoperta, risalente a pochi giorni fa, quella di un vasto bacino idrico sotterraneo rinvenuto nella piana di Gela.
Sono queste scoperte recenti sorprendenti ma anche riscoperte delle innumerevoli risorse dell’isola che, al tempo dei romani, era considerata, insieme all’Africa, “il granaio d’Italia”. Un granaio di ricchezze di diversa natura, lo capirono tutti fuorché i siciliani probabilmente.
Al tempo dei Borbone le imprese anglosassoni, insediate nel territorio siciliano, specializzate nella produzione di asfalto, erano oltre duecento, occupavano una superficie di circa 308 ettari da sfruttare per la estrazione di pece nera. Alle imprese autoctone restava una minima parte di terreno, soli 6,5 ettari.
Gli ingegneri minerari che si trovavano tra i soldati americani sbarcati in Sicilia durante la seconda guerra mondiale, rinvennero numerose cave di pece nel territorio ragusano, facendo avanzare così l’ipotesi della presenza di miniere di petrolio nel sottosuolo. La Gulf America (o Gulf Oil Company), una volta conclusa la guerra, non perse tempo, avviò le operazioni di perforazione nel territorio ibleo e trasferì la sua sede legale a Ragusa. Tale sede fu poi ceduta dalla Gulf all’Eni, due colossi simbolo del progresso tecnico che si contendevano la Sicilia. Tuttavia l’Eni confermò la sua sede legale a Milano e la delocalizzazione dei beni non avvantaggiò di certo la Sicilia e il processo di valorizzazione delle risorse.
La Sicilia si riconferma quindi, ancora una volta nella storia, una fonte inesauribile, un centro di ricchezza, anche energetica, nel sud d’Europa.
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