Jana di Motta: storia della siciliana che aiutò la regina Bianca di Navarra

Tra le molte leggende siciliane ad avere personaggi femminili come protagonisti, ce n'è una ambientata a Motta Sant'Anastasia, nel catanese. Molti del territorio avranno infatti sentito dire la frase "si figghiu di Jana?", ma cosa significa? Da dove viene questa espressione? Ecco la storia di Jana di Motta.

Nell’agosto del 1408, durante il Medioevo, a Motta Sant’Anastasia viveva la regina Bianca di Navarra. Dopo la morte del re Martino, la regina diventò la reggente del Regno di Sicilia: fu proprio allora che Bernardo Cabrera, conosciuto come Conte di Modica e Gran Giustiziere del Regno, cominciò a corteggiarla per accrescere il suo potere ed impadronirsi dell’isola.

Per riuscire nel suo piano, Cabrera la seguiva ovunque: a Catania, a Siracusa e anche a Palermo. Lei, però, lo rifiutò più di una volta e, stanca della sua insistenza, a un certo punto decise di trovare una soluzione definitiva, che coinvolse anche la famosa Jana.

Il piano della regina

Bianca di Navarra si rivolse al suo fedele ammiraglio Sancio Ruiz de Livori per architettare un piano e sbarazzarsi una volta e per tutte del fastidioso Conte, sempre alle sue calcagna.

Innanzitutto, l’ammiraglio lo catturò: il Conte venne così rinchiuso all’interno del castello di Motta Sant’Anastasia, prima in una cisterna e poi in una stanza della torre. La cisterna, a causa dei vari temporali, si riempì d’acqua e il prigioniero rischiò di annegare: fu così che venne spostato in una stanza, controllato a vista.

Il ruolo della damigella Jana

A questo punto, secondo la leggenda, d’accordo con Sancio, Bianca di Navarra disse a Jana, una damigella di corte, di farsi assumere al servizio di Bernardo Cabrera: la ragazza avrebbe dovuto travestirsi da paggio ed entrare nelle grazie del Conte, convincendolo a progettare un piano per fuggire dal castello e tornare a corteggiare la regina.

Il Conte ci cascò e Jana lo convinse a travestirsi da contadino per calarsi da una finestra del castello con una corda. Durante la fuga, però, Jana lasciò la presa e il Conte cadde in una rete precedentemente preparata per lui, restando così al freddo per tutta la notte.

Al mattino, i contadini che lo trovarono lo scambiarono per un ladro. Nel frattempo, Jana aveva ripreso i suoi abiti femminili tornando alla sua vera identità e mandò il Conte al Castello Ursino di Catania, come prigioniero: qui il Cabrera si convinse a lasciar andare una volta e per tutte la regina ed il suo piano.

“Si figghiu di Jana?”

In realtà, non si è certi del fatto che Jana sia una donna: secondo alcuni, infatti, il protagonista di questa leggenda sarebbe stato il custode della prigione.

Perché il nome “Jana”? Pare che questo nome derivi dal latino “janus“, cioè “falso, doppiogiochista”, proprio come appare la protagonista di questa storia. Nel paesino di Motta Sant’Anastasia, infatti, non è raro sentir dire la frase “Si figghiu di Jana?” per riferirsi a qualcuno che è molto scaltro e furbo, richiamando la natura ambivalente della leggendaria figura di Jana di Motta.

Gabriella Maria Agata Ventaloro

Nata a Catania nel 2002, studia scienze e lingue per la comunicazione. È appassionata di lingue straniere, arte, fotografia e scrittura e ama vedere il bello in ogni cosa. Collabora con la redazione di LiveUnict da giugno 2021 e la coordina da aprile 2023. Email: g.ventaloro@liveunict.com

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Gabriella Maria Agata Ventaloro

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