Prima mappa dei processi tettonici attivi in Sicilia, dall’Etna ai Nebrodi: i “movimenti”

Prima mappa a scala regionale dei processi tettonici attivi in Sicilia: coinvolti anche ricercatori dell'ateneo catanese.

Grazie a sofisticate elaborazioni eseguite su una serie di immagini satellitari catturate dal satellite Sentinel-1 nel corso degli ultimi 5 anni si è giunti alla creazione della prima mappa a scala regionale dei processi tettonici attivi in Sicilia. È quanto annunciato dall’Università degli Studi di Catania.

Lo studio, dal titolo Present-day surface deformation of Sicily derived from Sentinel-1 InSAR time-series, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Geophysical Research-Solid Earth.

L’articolo scientifico, frutto del risultato di una collaborazione internazionale italo-francese, ha visto coinvolti i ricercatori Giovanni Barreca e Carmelo Monaco del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università di Catania, oltre che Maxime Henriquet del Cerege dell’Aix-Marseille Université e Stéphane Dominguez, Michel Peyret e Stéphane Mazzotti del Cnrs Umr-5243 dell’Università di Montpellier.

La mappa è stata realizzata tramite una sofisticata elaborazione denominata PS-InSAR che utilizza tecniche proprie del telerilevamento per mettere a raffronto immagini satellitari della stessa area, ma acquisite in epoche diverse (in questo caso tra il 2015 e il 2020).

L’elaborazione della mappa è il risultato di una misura differenziale tra la distanza satellite-suolo misurata nel 2015 e quella misurata nel 2020 e mostra con colori differenti dove e di quanto si è mosso il suolo siciliano negli ultimi 5 anni.

La tecnica, grazie anche alla calibrazione a terra con ricevitori di posizionamento satellitare GNSS (Global Navigation Satellite System) distribuiti sull’intero territorio siciliano, riesce a quantificare con precisione millimetrica il movimento verticale e orizzontale di “bersagli” ubicati al suolo evidenziando altresì in maniera netta i limiti tra zone a differente velocità. L’ubicazione in mappa dei limiti è stata successivamente sovrapposta alle principali discontinuità tettoniche (faglie) riconosciute in Sicilia, ottenendo per quest’ultime anche la velocità di deformazione nell’intervallo di tempo considerato.

L’interpretazione tettonica dei movimenti rilevati ha dunque portato ad un aggiornamento del quadro sismo-tettonico della Sicilia e ad ulteriori vincoli sulle velocità di deformazione attualmente in atto con notevoli implicazioni sulla pericolosità sismica dell’isola.

“I risultati più rilevanti riguardano la parte orientale e occidentale della Sicilia, entrambe ‘teatro storico’ di eventi sismici distruttivi”: è quanto spiegato dai ricercatori nell’illustrare il quadro dell’isola.

La parte nord-orientale della Sicilia (Nebrodi-Peloritani) si solleva ad una velocità media di 1-2 millimetri l’anno e si muove verso Est, allentandosi dal resto dell’isola (Sicilia centrale – relativamente stabile) ad una velocità di circa 3 millimetri l’anno. La linea di separazione tra i due blocchi in allontanamento è identificata come la zona di deformazione maggiormente attiva in Sicilia e consiste di un lineamento tettonico regionale che attraversa, con direzione Nord/Ovest-Sud/Est, l’intera isola da Cefalù fino all’Etna.

Lo studio conferma il continuo movimento dell’Etna. In particolare il suo fianco Est scivola verso mare con velocità significative (fino a oltre 5 centimetri l’anno), ma si estende su un’area più ampia di quanto fino ad adesso conosciuto.

Scivolando verso mare, la parte orientale del vulcano si frammenta in una serie di blocchi delimitati da faglie attive (Figura 2). Tra queste vi è la faglia di Fiandaca da cui si è originato il terremoto del 26 dicembre 2018.

L’area immediatamente a Nord-Ovest di Catania si solleva, invece, ad una velocità superiore ai 5 millimetri per anno.

Un ulteriore dato significativo emerge dalla stima dei movimenti del suolo registrati in Sicilia sud-orientale (settore Ibleo – province di Siracusa e Ragusa), teatro di numerosi terremoti distruttivi avvenuti in passato (basti ricordare i fenomeni del 4 febbraio 1169, del 10 dicembre 1542 e dell’11 gennaio 1693).

I dati satellitari indicano come il settore costiero siracusano si stia abbassando rispetto all’area ragusana, ad una velocità di circa 2 millimetri l’anno. L’abbassamento avviene in prossimità di una importante discontinuità tettonica, la scarpata Ibleo-Maltese, alla base della quale secondo molti scienziati vi è la faglia responsabile del devastante terremoto dell’11 gennaio 1693.

Movimenti significativi del suolo sono stati anche registrati in Sicilia occidentale in corrispondenza della Valle del Belice, un’area tristemente nota per il terremoto del 15 gennaio 1968.

“Lo studio pubblicato – concludono i ricercatori – dimostra come l’utilizzo di moderni strumenti di investigazione, quali i satelliti, possa fornire preziose informazioni sul movimento delle faglie e comprendere dunque meglio la loro futura propensione a scatenare terremoti di elevata energia, con notevoli implicazioni sulla pericolosità sismica dell’Isola”.

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