Alessandra di Rudinì aveva 27 anni quando conobbe Gabriele D’Annunzio, allora quarantenne: tra i due nacque subito una relazione amorosa, che, però, non finì bene. Ecco la storia di una donna forte, colta e affascinante, che passò la vita alla ricerca della felicità.
Alessandra Maria Antonietta Livia Starabba ebbe una vita avventurosa, da una famiglia nobile e dai salotti più mondani dell’Otto-Novecento, alla tranquillità del convento, luogo in cui passò l’ultimo periodo della sua vita.
Nacque nel 1876, figlia di Antonio Starabba, marchese Di Rudinì, di Palermo, che verso la fine dell’Ottocento diventò capo del governo italiano, e della contessa Maria de Barral, francese, dolcissima ma con una vita infelice. Sua madre la educò nella fede, ma Alessandra, rimasta presto priva di lei, crebbe in un ambiente mondano dove conobbe i personaggi più illustri del suo tempo.
A 15 anni, era già alta più di un metro e ottanta, bellissima, con folti capelli biondi e occhi azzurri e a 18 anni sposò per amore il marchese Marcello Parlotti di Verona, musico e stoico. Con lui ebbe due figli: Antonio e Andrea. Entusiasta della sua famiglia e anche della bellissima villa sul lago di Garda, Alessandra poteva considerarsi una donna felice, ma, pur non mancandole nulla, non lo era ancora del tutto.
Nella primavera del 1900, il marito Marcello fu colpito da tubercolosi: la donna lo curò con dedizione, ma Marcello, poco tempo dopo, morì, lasciandola vedova con due figli da crescere. Per questo motivo, il marchese Di Rudinì cercò di distrarre la figlia con viaggi e feste: tra i molti luoghi, la nobildonna andò anche a Parigi, dove frequentò i circoli letterari.
Nel novembre del 1903, Alessandra partecipò al matrimonio di suo fratello a Firenze, dove conobbe il poeta Gabriele D’Annunzio, che, nonostante stesse frequentando Eleonora Duse, si invaghì di lei, lasciando dunque la sua precedente amante. Così, Alessandra diventò la nuova compagna del poeta, senza badare allo scandalo e neanche alla rabbia di suo padre: era inconcepibile che la primogenita di uno dei politici più importanti e famosi del regno, vedova e con bambini, andasse a vivere col Vate.
Il poeta la rinominò “Nike“, ma neanche con lui, però, Alessandra conobbe la quiete della felicità: nel 1906 fu ricoverata in una clinica a Firenze, dove la operarono tre volte. In quest’occasione, suo padre non si fece sentire e, quando iniziò la sua convalescenza, il Vate si infatuò di un’altra donna: la loro relazione, così, finì.
Nonostante fosse colta, bella, forte e multilingue, i dolori della sua vita segnarono Alessandra profondamente: fu così che la marchesa chiese aiuto all’abate Gorel, che la mandò a Lourdes. Partì da Verona, guidando lei stessa la sua lussuosa automobile, e, a 35 anni, Alessandra Starabba Di Rudinì, nel Carmelo di Paray-le-Monial, diventò suor Maria di Gesù, ottenendo dunque il terzo velo della sua vita: quello di sposa di Cristo.
Tra il 1916 ed il 1917, i due figli della nobildonna morirono di tubercolosi: “Non ho più su questa terra alcun legame– scrisse lei nel suo diario-, nessun amore, nessuna tenerezza: l’unica ricchezza, l’unico amore che ho è la Croce di Cristo“. Nella preghiera continua, così, Alessandra diventò una carmelitana matura, dotata di particolari doti, arrivando anche ad essere eletta priora a Paray. Infine, con la sua eredità fondò tre nuovi monasteri, simbolo del fatto che, una volta e per tutte, aveva trovato la sua vera vocazione e, dunque, la felicità.
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