Si rientra a scuola dalle vacanze natalizie : è caos. Mentre il 10 gennaio si avvicina, sempre più presidi firmano un appello urgente al Governo: ritardare l'apertura e andare in DAD almeno fino a fine mese, tentando di evitare che il già esponenziale trend di positività in crescita coinvolga anche gli studenti di ogni ordine e grado.
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Sono giorni difficili per l’Italia: la nuova variante, Omicron, è passata in brevissimo tempo dall’essere “di interesse” per l’Organizzazione Mondiale della Sanità al correre per le strade di tutto lo Stivale, dando il via alla quarta ondata della pandemia.
Ciò ha portato a contagi in continuo aumento. Basti pensare a come in Sicilia, nel giro di pochi giorni, siano state superate i 14mila casi rilevati in sole 24 ore, tornando a far ragionare sull’ipotesi di una zona arancione per tutta la Regione. In questo contesto, lo spettro dell’imminente rientro in classe desta sempre più preoccupazione. Il governo ha varato nuove regole per provare a salvare la didattica in presenza, ma molti presidi non ci stanno e invocano un ritorno preventivo alla Dad.
La situazione pandemica va peggiorando di giorno in giorno: ciò che si teme, con il ritorno a scuola di grandi e piccini, è una maggiore circolazione del virus negli edifici scolastici, con il conseguente rischio di sempre più numerose nuove rilevazioni di positività. Per i presidi, le condizioni per riaprire non donano tranquillità: ecco perché, in poche ore, giungono migliaia di firme a supporto dell’appello urgente sulla riapertura delle scuole, chiedendo la DAD fino almeno al 24 o al 30 gennaio.
La richiesta dei presidi ha per obiettivo l’attesa di un miglioramento delle condizioni sanitarie del Paese, evitando quanto più possibile nuovi contagi e, di conseguenza, l’aumento del peso già grave che incombe sugli ospedali italiani. Non solo: l’appello è anche una forma di protesta contro le nuove regole in ambito scolastico previste in caso di contagio.
Secondo l’ultima riforma, infatti, nulla cambia per la scuola d’infanzia, dove non è ancora possibile vaccinare i bambini, appartenenti alla fascia d’età fino ai 5 anni: si prevede l’inserimento dell’intera classe in DAD alla prima positività rilevata. Cambiano le regole alla primaria: si va in DAD al secondo caso positivo in classe, altrimenti, in caso di una sola positività, via ai test T0 e T5, uno il giorno della rilevazione e uno a cinque giorni di distanza.
Il vero e proprio cambio di rotta avviene, invece, alla scuola secondaria, ed è una delle novità meno accettate dai presidi italiani: con un caso di positività, si resta in classe con FFP2 e autosorveglianza. Con più di un caso, invece, i ragazzi privi di terza dose, vaccinati con seconda o guariti da meno di quattro mesi vanno in DAD per dieci giorni, permettendo la permanenza in classe, con FFP2, solamente a coloro i quali possiedono il nuovo booster.
Quest’ultima nuova regola è stata particolarmente contestata anche in Sicilia, dove Maurizio Franzò, presidente regionale dell’Associazione Nazionale Presidi, ha spiegato ai microfoni de La Repubblica come “discrimina gli studenti delle secondarie tra vaccinati e non vaccinati. Su tale misura già arrivano forti perplessità anche da parte dei genitori”.
Franzò, inoltre, sottolinea che “in molte realtà territoriali le Usca hanno mostrato difficoltà nel comunicare tempestivamente alle scuole l’esito del tampone T0, adesso dovrebbero comunicare chi è vaccinato o no. Questo del dividere la classe tra vaccinati e no è un problema serio, visto che alla scuola non è dato sapere quali studenti siano vaccinati o guariti o esonerati, e mi pare che l’ultimo provvedimento non semplifichi”.
Nel frattempo, le firme all’appello dei presidi vanno aumentando di minuto in minuto: ammontano, adesso, a oltre 2.200, da parte di ogni regione d’Italia. Nel documento ufficiale, i dirigenti scolastici proponenti spiegano come “una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza (con l’attivazione di lezioni a distanza) per due settimane è sicuramente preferibile ad una situazione ingestibile che provocherà con certezza frammentazione, interruzione delle lezioni e scarsa efficacia formativa”.
Sempre più presidi, dunque, chiedono al Governo di intervenire, scongiurando una situazione “epocale, mai sperimentata prima, rischiosa e ad oggi già prevedibile, non è possibile non tenerne conto”. Per questo motivo, “lo vogliamo sostenere con forza, decisione”, e, infine, “con la consapevolezza di chi è responsabile in prima persona della tutela della salute e della sicurezza di migliaia di persone”.
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