La presa di Kabul da parte dei Talebani sta mettendo a repentaglio sogni e ambizioni di molti giovani: tra tutti, anche quelli dei numerosi studenti desiderosi di raggiungere le università italiane ma bloccati in Afghanistan. Gli atenei di tutta Italia puntano a fare il possibile per accoglierli.
Lo scorso 15 agosto i talebani hanno raggiunto Kabul, completando la riconquista dell’Afghanistan che, in realtà, aveva preso avvio mesi prima. La notizia della fuga dell’ormai ex presidente afghano, Ashraf Ghani, e della presa di controllo della capitale da parte dei guerriglieri ha raggiunto il mondo insieme ad alcune immagini, a dir poco tragiche. Resta impresso nella mente di ciascuno il momento, ripreso da alcuni video, in cui alcuni cittadini hanno deciso di aggrapparsi alle ruote degli ultimi aerei in partenza, nel disperato tentativo di allontanarsi da quella Terra.
Se è vero che una settimana fa circa 5000 persone sono riuscite a raggiungere l’Italia con l’ultimo volo da Kabul, bisognerà sottolineare che tanti altri sono rimasti bloccati in Afghanistan: tra questi anche diversi studenti che avrebbero dovuto presto raggiungere la Penisola per frequentare uno dei nostri atenei.
Di fronte a tale realtà anche in Italia si è tornato a trattare di “corridoi umanitari”, ovvero di programmi sicuri e legali di trasferimento e integrazione riservati a migranti in condizione di particolare vulnerabilità.
“Stiamo mettendo in campo tutti gli strumenti e gli sforzi per sperare di poterli presto accogliere tutti in Italia – ha dichiarato negli scorsi giorni all’ANSA Cristina Messa, ministra dell’Università – . Nel frattempo abbiamo raccolto le disponibilità ad accogliere studenti e ricercatori afghani già presenti fra i primi rifugiati giunti in Italia”.
Gli studenti afghani che avevano optato per le università italiane non sono pochi. Basti pensare che l’attacco kamikaze dell’Isis-K all’aeroporto di Kabul, che ha provocato la morte di 170 persone, ha impedito l’accesso allo scalo afghano e la partenza di almeno 81 iscritte e 37 iscritti all’Università La Sapienza di Roma, desiderosi di iniziare a seguire le lezioni di Global Humanities. Il numero cresce se si considera la più tarda decisione dell’ateneo di rivalutare i curricula dei candidati che non hanno passato la selezione.
L’università con sede nella capitale aveva chiesto supporto ai ministeri dell’Interno e della Difesa, oltre che a quello degli Esteri e, secondo quanto indicato dalla Rettrice Antonella Polimeni ai microfoni de La Repubblica, fornito i documenti utili ad includere questi studenti nell’elenco delle persone che avrebbero dovuto essere evacuate grazie al ponte aereo organizzato dal Ministero della Difesa italiano. Trasferimento poi bloccato dal già citato attentato avvenuto lo scorso 26 agosto. Le ultime notizie sulla questione risalgano a circa una settimana fa.
Non solo La Sapienza. Di fronte a segnalazioni e numeri susseguitesi nel corso di questi ultimi giorni, appare ormai chiaro come quasi ogni ateneo italiano conti nomi di studenti afghani in difficoltà. Numeri registrati e provvedimenti presi, tuttavia, non sono identici da Nord a Sud.
“Caro signore, spero che lei stia bene […]. Il programma di studi, come mi è stato detto, partirà ad ottobre 2021. Però l’ambasciata italiana, a causa dell’attuale situazione che si è venuta a creare in Afghanistan, è chiusa e il personale ha già lasciato il Paese”: riporta così la breve email inviata da uno studente afghano a Rosario Rizzuto, attuale rettore dell’Università di Padova.
Si tratta di una lettera destinata a colpire non solo per il contenuto ma anche per la gentilezza sopravvissuta al terrore e sottolineata come si sottolinea ciò che davvero conta. La risposta del rettore non si è fatta attendere.
“Siamo perfettamente consapevoli e molto preoccupati di quanto accade in Afghanistan”: ha riferito allo studente che temeva di non poter “arrivare in tempo per l’inizio delle lezioni” per via di quella “orribile condizione” vissuta.
“Chiederemo al nostro Governo di inserirti nell’elenco dei cittadini afghani che potranno imbarcarsi sui voli per Roma e ottenere il visto attraverso una procedura semplificata – continuava così il rettore Rosario Rizzuto – . E spero di avere presto l’occasione di incontrarti personalmente a Padova”.
Secondo quanto riportato, poi, da Il Secolo XIX già a fine agosto, almeno 17 studenti provenienti dall’Afghanistan, e lì bloccati, avevano scelto l’Università di Genova. L’ateneo in questione ha, in seguito, precisato di aver inviato le lettere di accettazione degli studenti sia alle ambasciate che ai consolati in Afghanistan per far sì che questi ottengano finalmente il visto.
Inoltre altri giovani, secondo le ultime informazioni a riguardo circa trenta, avrebbero già superato la preselezione ma non ancora ultimato la procedura di iscrizione presso il Politecnico e l’Università di Torino. Per quest’ultima, che ha aderito all’appello della rete internazionale Scholars at risk, l’accoglienza di studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici e dottorandi e dottorande provenienti da un Afghanistan dilaniato dalla guerra è d’obbligo.
UniTO riserverà sia agli afghani che hanno già fatto richiesta che a coloro che vorranno procedere una volta in Italia borse di studio per l’iscrizione ai corsi di laurea, oltre che per le residenze e, più in generale, per il sostegno agli studi. È quanto annunciato negli scorsi giorni dal Rettore, Stefano Geuna, che crede nell’importanza di “sensibilizzare la comunità internazionale affinché vengano messe in campo tutte le azioni possibili” per far sì che questi giovani donne e uomini possano scegliere liberamente il proprio futuro ed esercitare i propri diritti.
Andranno citati, inoltre, gli ulteriori sei studenti che la presa di potere da parte dei guerriglieri starebbe ancora mantenendo distanti dall’Università di Brescia, quella che avevano scelto per la propria formazione. Anche in questo caso, secondo quanto riportato qualche giorno fa da Il Giornale di Brescia, si agisce con prudenza ma si propone l’assegnazione borse di studio da cinque mila euro.
E al Sud? L’Università di Messina, per esempio, non si è tirata indietro.
“L’Università di Messina mantiene alta l’attenzione sulla questione – ha dichiarato negli scorsi giorni il Rettore Salvatore Cuzzocrea – e in raccordo con la CRUI e il Ministero degli Esteri, sta predisponendo un piano di supporto e di accoglienza per le studentesse e gli studenti afghani, il primo dei quali dovrebbe arrivare a Messina già nei prossimi giorni”.
Anche l’Università degli Studi di Catania ha speso parole importanti e richiesto interventi volti ad offrire anche alle studentesse e agli studenti afghani quanto è già garantito a chi abita in altre parti del mondo.
“L’Ateneo di Catania ha ricevuto messaggi di studentesse e studenti impediti ad avviare il loro percorso formativo a causa dell’impossibilità di chiedere il necessario visto per motivi di studio da parte dell’Ambasciata italiana e delle enormi difficoltà per accedere alle liste di evacuazione e per raggiungere l’Aeroporto di Kabul – sono le parole, riportate dal Bollettino d’Ateneo, della Professoressa Francesca Longo che è delegata all’Internazionalizzazione dell’ateneo -. È urgente provvedere, con un’azione nazionale congiunta tra il MUR, il MAECI e il Ministero della Difesa, ad azioni che permettano loro di raggiungere l’Italia e di avviare il loro percorso formativo”.
L’Ateneo del capoluogo etneo si è detto pronto a fare la propria parte, insieme agli altri, con il solo obiettivo di tutelare il diritto allo studio anche in condizioni di emergenza. Secondo quanto indicato dalla Professoressa Longo, occorrerebbe attivare le istituzioni nazionali per individuare le misure utili ad aprire corridoi universitari e, con essi, le porte a questi esseri umani carichi di speranze.
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