Dove un tempo si innalzavano ville, chiese e sale cinematografiche oggi esistono edifici di epoca, stile e funzionalità assai diverse. Se è sempre piacevole "raccontare" i luoghi che oggi rendono unica la città, risulterà altrettanto interessante intraprendere un viaggio all’interno di una Catania ormai “invisibile”: di seguito alcuni edifici che c’erano ma non ci sono più.
La Catania che attualmente si attraversa ed ammira è ben diversa dalla città, per certo più giovane ma non per questo meno affascinante, conservata soltanto tra i ricordi di ormai pochissimi. Alcuni edifici, prima simboli indiscussi del capoluogo etneo, oggi non esistono più anche per via di una speculazione edilizia viva soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta. Niente, tuttavia, impedisce di raccontarli per farli rivivere.
Chiesa Santa Maria della Speranza
Si parte da una chiesa, quella di Santa Maria della Speranza (o, più semplicemente, Chiesa della Speranza), che sorgeva in cima alla collinetta che sovrasta Piazza Stesicoro. Questa era arricchita dalla presenza di un convento annesso che si estendeva fino al Vico delle Fosse: con quest’ultimo nome si fa riferimento all’attuale Via Sant’Euplio, alla via alberata che si snodava fino al “Laberinto” dei Biscari, lo stesso che il tempo avrebbe reso Giardino Bellini.
Quando i Benedettini lo lasciarono per spostarsi al Monastero sulla collina di Montevergine, quell’edificio accolse i Frati Cappuccini: il loro insediamento risalirebbe al 1622. Ma perché oggi non ammiriamo più questo complesso? Nel 1866, quando il governo sabaudo soppresse gli ordini religiosi, i frati dovettero lasciare il convento: di lì a poco questo sarebbe stato trasformato in una caserma. La chiesa, che era stata consacrata dal Vescovo di Catania nel 1763, venne trasformata in macerie da un incendio avvenuto nel 1921.
Alla fine degli anni Venti dello scorso secolo (più nello specifico nel 1927) si optò per la demolizione dell’intero complesso, volta alla costruzione di un’altra struttura: la Chiesa della Speranza ed il suo convento lasciarono spazio a Palazzo della Borsa, progettato dall’architetto Vincenzo Patané e inaugurato il 29 ottobre 1933.
Tuttavia, l’edificio religioso sopravvive in alcune pagine. Di fatto, nel suo capolavoro “I Viceré”, Federico De Roberto avrebbe scelto di ambientare i funerali di donna Teresa Uzeda, principessa di Francalanza, proprio in quest’area ormai “invisibile”.
Chiesa di San Giovanni Battista
Occorrerà, purtroppo, narrare di un’altra chiesa del capoluogo etneo utilizzando l’imperfetto. In via Garibaldi non esiste più ma un tempo esisteva la Chiesa di San Giovanni Battista. La sua scomparsa affonda radici nell’incursione aerea del 18 maggio 1943: una bomba colpì, di fatto, la struttura. Successivamente la chiesa, dove riposavano le spoglie del poeta Domenico Tempio (detto Micio) venne demolita. Si salvò, tuttavia, la pala d’altare.
Una fine analoga caratterizzò, ancora, la Chiesa di Santa Maria della Cava, che si stagliava in via della Mecca. Anche questa venne bombardata nel corso della Seconda Guerra Mondiale
Chiesa Sant’Euplio in Ognina
Ma com’era un tempo la zona del Lungomare di Catania, in questo periodo più che mai affollato di turisti e cittadini? La zona dell’antico borgo marinaro di Ognina era arricchita dalla presenza della Chiesa di Sant’Euplio, di costruzione settecentesca. L’edificio, situato all’ingresso di via Parrocchia (oggi via Porto Ulisse) e all’angolo dell’attuale piazza Mancini Battaglia, presentava un’abside rivolta verso il mare. La demolizione giunse, nell’agosto del 1961, per rendere possibile la costruzione della strada litoranea.
Sala Roma
In un’epoca in cui non esistevano giganteschi multisala all’interno di moderni centri commerciali, molti trascorrevano le proprie serate di fronte agli schermi dei più piccoli ma altrettanto preziosi cinema di Catania. Tra tutti spiccava quelle che avrebbe concluso la sua breve esistenza sotto il nome di “Sala Roma”.
La sala cinematografica in questione sorse in Via Etnea e, più in particolare, dove prima esistevano le scuderie del palazzo del barone Spitaleri. I cinefili catanesi erano soliti consultare i giornali locali per scoprire quali scene avrebbero reso le loro serate indimenticabili. E proprio grazie alla sezione “Spettacoli” de La Sicilia di quel giorno, oggi sappiamo che sabato 26 agosto 1950 la Sala Roma trasmise le repliche di “Furia dei Tropici” con Richard Widmark, Linda Darnell e Veronica Lake.
Ciò che non tutti sanno è che il nome originario della sala, lo stesso con cui era stata ufficialmente presentata nell’anno dell’inaugurazione (il 1913), era “Music Hall”. Secondo quanto narrato dal Professor Antonio Rocca, si scelse di cambiare per accontentare i gusti del Regime, avverso all’uso di termini stranieri. Alla fine anche questo luogo di svago, che molte testate avevano lodato per stile ed eleganza, venne demolito: oggi quell’area accoglie una nuova costruzione, il palazzo della Rinascente.
L’arena Giardino
La Sala Roma non è l’unico cinema di cui i catanesi non possono più usufruire: un altro, prettamente utilizzato come tale nei mesi estivi, si trovava in via Pacini. Era il cinema Giardino: con l’edizione del 22 giugno 1945, La Sicilia ne annunciava l’apertura.
“Oggi inaugurazione Cinema Giardino con ‘I Dieci Comandamenti’ – si indicava, facendo riferimento alla pellicola diretta dal regista Giorgio Walter Chili – .un grandioso complesso di attori in una successione di episodi di vita moderna”.
Secondo quanto indicato nell’Enciclopedia Tringale prima di essere abbattuto, nel 1955, in inverno veniva svuotato delle sue poltrone e resa una pista di pattinaggio. Oggi, al suo posto, scoviamo l’edificio delle Generali.
Ville di Catania “sparite”
Il 13 giugno 1914, i giornali dell’epoca ebbero cura di dedicare uno spazio ad un evento degno di nota: l’inaugurazione della Villa D’Ayala, in stile Liberty. Per lo scenario di questa sfarzosa abitazione si optò per la zona Oliveto Scammacca e, in particolare, per l’angolo tra le attuali Viale Libertà e Corso Italia. Il nome della villa, naturalmente, coincideva con il cognome del proprietario, membro della famiglia di antica nobiltà spagnola: il conte Francesco Saverio d’Ayala.
Dietro la realizzazione si celava il progetto del talentuoso architetto Paolo Lanzerotti, oltre che il lavoro di maestranze che, secondo alcune fonti, giunsero anche dalla Francia.
In seguito alla morte, dovuta ad un incidente in casa, della più piccola dei figli, i conti decisero di vendere la villa. Con lo scorrere degli anni, questa cambiò proprietari e funzioni: si pensi che, negli anni Venti, divenne un caffè ed una sala da ballo.
Al termine della guerra, durante la quale era stata danneggiata e saccheggiata, fu resa sala di ricevimenti e ribattezzata “Villa Excelsior”, ma non rinacque davvero. Nel 1958 venne abbattuta e sostituita da un edificio destinato ad ospitare la sede della Banca Commerciale Italiana.
Una fine all’insegna della demolizione accomunò Villa D’Ayala al Villino Simili, che si trovava accanto, e a Villa Passari, in via Etnea. La nascita di entrambe le strutture viene fatta risalire al primo decennio del 1900.
Torre Alessi
Infine non guasta mai ricordare la bizzarra presenza di una torre panoramica in pieno centro storico, descritta anche dall’autore siciliano Vitaliano Brancati nel suo capolavoro “Gli anni perduti”. Si fa riferimento alla Torre Alessi, che “visse” meno di un secolo: venne eretta nel 1986 e demolita nel 1963.
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