Un'iniziativa della sezione etnea dell'Ordine che va verso una visione e un uso meno sessista della lingua italiana. L'uso al femminile del mestiere viene approvato in via ufficiale.
A Catania il maschile sovraesteso per gli ordini professionali inizia a scricchiolare, almeno nel settore dell’architettura. D’ora in poi, infatti, il timbro professionale di genere viene ufficialmente approvato, con la dicitura al femminile “architetta“. L’iniziativa viene dall’Ordine della categoria etnea.
“Una decisione che rispetta la libera scelta delle professioniste di essere identificate in quanto donne e che contrasta in maniera evidente il principio androcentrico che ha regolato per secoli la lingua italiana“, commenta la presidente della Fondazione degli Architetti di Catania Eleonora Bonanno.
Una visione meno sessista condivisa da istituzioni, enti e anche dall’Accademia della Crusca, per una parità che parta proprio dall’idioma: “L’uso al femminile dei mestieri – spiega Bonanno – era già stata vista in modo favorevole nel 1986 dalla Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna. E nella stessa direzione si è mossa l’Unesco nel 1994, invitando a un uso non sessista della lingua, per prendere coscienza che certe forme di linguaggio possono essere sentite come discriminatorie per le donne, perché tendono a nascondere la loro presenza o a farla apparire come eccezionale”.
“Non si tratta di un obbligo, ma solo di una possibilità di scelta – sottolinea il presidente dell’Ordine etneo Sebastian Carlo Greco – chiara dimostrazione della nostra posizione in merito al dibattito sulla parità di genere e sul tema dell’inclusione, in una società dove spesso le minoranze vengono poste ai margini e dove i cliché sulla donna possono offuscare qualità e professionalità”.
Proprio le pari opportunità e la lotta a ogni tipo di discriminazione sono pilastri del programma del nuovo Ordine e della nuova Fondazione – insediatisi lo scorso giugno – che hanno “istituito un “Osservatorio per le Pari opportunità”, con lo scopo di evidenziare eventuali difficoltà riscontrate dalle nostre iscritte e proporre valide soluzioni – concludono Greco e Bonanno –. Sappiamo bene che la desinenza di una parola non è risolutiva delle problematiche della società, ma è un segnale, forte, che vogliamo dare a tutta la comunità”.
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