Un gruppo di ricercatori di Trieste aveva già previso a dicembre le venti varianti Covid in Italia: le più potenzialmente pericolose la inglese, la sudafricana e la brasiliana.
A destare particolarmente preoccupazione in questo periodo sono le venti varianti del Coronavirus che, come riportato da La Repubblica, un gruppo di ricercatori di Trieste aveva già previsto in dicembre. Delle venti individuate sulla proteina Spike e sulla proteina umana Ace2, otto sono potenzialmente pericolose e finora sappiamo il nome delle più aggressive, ovvero la inglese, la sudafricana e la brasiliana.
Uno studio pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Acs Nano (American Chemical Society) ha dimostrato, attraverso simulazioni al computer, la possibilità di valutare in anticipo gli effetti della variante Sars-CoV-2 sull’organismo umano.
Questa notevole scoperta è stata rivelata dal team di ricerca Molecular Biology and Nanotechnology Laboratory (MolBNL@UniTS), guidato da Sabrina Pricl, che opera al Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’ateneo triestino.
“Studiare gli effetti delle varianti sull’organismo umano è di fondamentale importanza non solo per comprendere meglio la specificità di questa interazione, ma soprattutto per progettare terapie nuove ed efficienti – spiega Sabrina Pricl, docente di ingegneria chimica e responsabile scientifico del team –. Lo studio può avere importanti applicazioni nella previsione dell’efficacia di vaccini e terapie come anticorpi monoclonali e farmaci antivirali”.
Il collegamento di meeting virtuali e l’utilizzo di super computer del Consorzio italiano per l’high performance computing ha reso possibile l’attività di ricerca anche in questo periodo di restrizioni in pieno rispetto delle norme anti-Covid: uno studio di gruppo separato ma unito dalla rete.
“In questo momento – afferma Domenico Marson, docente di termodinamica – ci stiamo dedicando alla previsione degli effetti delle varianti del virus, incluse le più diffuse inglese, sudafricana e brasiliana, su diverse classi di anticorpi diretti alla neutralizzazione del Sars-CoV-2.” “In particolare – aggiunge il ricercatore –, abbiamo considerato anticorpi sia di origine fisiologica, ad esempio quelli trovati nelle persone che hanno già ricevuto uno dei vaccini, che di origine sintetica come gli anticorpi monoclonali. Questi ultimi sono di forte interesse come possibile approccio terapeutico”.
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