Distanziamento di due metri e vaccino anche per chi ha già avuto il Covid: sono solo alcune delle nuove raccomandazioni di Inail, Iss, Aifa e Ministero della Salute.
“Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione“: è questo il titolo del nuovo rapporto redatto da Inail, Iss, Aifa e Ministero della Salute e contenente nuove raccomandazioni sui comportamenti da tenere allo scopo di prevenire e arginare il contagio da coronavirus.
Le nuove raccomandazioni sono la diretta conseguenza dell’elevata diffusione delle varianti del virus, a partire da quella ingld-1ese, ormai responsabile di oltre la metà dei casi di infezione a livello nazionale.
Ecco, nello specifico, le nuove indicazioni degli esperti.
Il nuovo rapporto tiene conto della circolazione delle varianti del Coronavirus. Per tale ragione, il distanziamento fisico di un metro rimane la distanza minima da adottare ma, si legge nel rapporto, sarebbe opportuno aumentarlo “fino a due metri, laddove possibile e specie in tutte le situazioni in cui venga rimossa la protezione respiratoria come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo“.
Di conseguenza, anche quando si tornerà a consumare cibo e bevande all’interno di bar e ristoranti, la distanza tra gli utenti dovrà essere aumentata ulteriormente.
Le persone con pregressa infezione da Sars-CoV-2 confermata da test molecolare, indipendentemente se con Covid-19 sintomatico o meno, “dovrebbero essere vaccinate“. In particolare, si legge nel rapporto che “è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione e entro i 6 mesi dalla stessa“.
I contatti stretti di un caso di COVID-19 possono essere vaccinati ma “dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di potere essere sottoposti a vaccinazione“.
Per “contatto stretto” si intende “l’esposizione ad alto rischio a un caso probabile o confermato; tale condizione è definita, in linea generale, dalle seguenti situazioni: una persona che vive nella stessa casa di un caso Covid-19, una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso Covid-19 (per esempio la stretta di mano), una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso Covid-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti, una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio una aula, una sala riunioni, la sala d’attesa dell’ospedale) con un caso Covid-19 in assenza di dispositivi di protezione come le mascherine Ffp2 e Ffp3 e i guanti o di dispositivi medici appropriati come le mascherine chirurgiche“.
All’interno del documento si evidenzia che anche chi è vaccinato contro Sars-CoV-2, dopo un’esposizione ad alto rischio con un caso Covid “deve adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione, a prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione“.
Inoltre, avvertono gli esperti, anche i soggetti vaccinati “possono andare incontro a infezione da Sars-CoV-2 poiché nessun vaccino è efficace al 100%“. In particolare, “nella maggioranza della popolazione vaccinata, la prima dose di vaccino evoca un’iniziale risposta immunitaria che conferisce una protezione solo parziale” e, di conseguenza, “è necessaria la somministrazione della seconda dose di vaccino al fine di ottenere una protezione ottimale“.
Per garantire la diagnosi d’infezione sostenuta da varianti virali con mutazioni nella proteina Spike “i test diagnostici molecolari real-time PCR devono essere multi-target“, ovvero capaci di rilevare più geni del virus e non solo il gene spike (S) che potrebbe dare risultati negativi in caso di variante.
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