Coronavirus, quali regioni cambiano colore da lunedì? In Italia si registra una netta accelerazione della pandemia e da Nord a Sud sono sette le regioni a rischiare.
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L’Italia si avvicina a grandi passi verso la terza ondata. L’ultimo bollettino diffuso dal Ministero della Salute nella giornata di ieri parla di oltre 23mila casi, mentre l’indice Rt nazionale sale sopra l’1 dopo sette settimane e raggiunge quota 1,06. Con questi dati, sono sempre di più le regioni che a partire da lunedì cambieranno colore, passando in zona arancione, arancione scuro o rossa.
Tra le regioni che rischiano le restrizioni più severe ci sono Emilia-Romagna e Campania. Entrambe registrano quotidianamente un numero molto alto di casi, e seguono la Lombardia (in arancione scuro dalla mezzanotte di ieri) per contagi giornalieri. Da lunedì entrerà in zona arancione anche il Veneto, come annunciato dal governatore Luca Zaia. Il Piemonte, invece, dovrebbe rientrare tra le zone ad arancione rinforzato.
Anche per la prossima settimana, inoltre, l’Abruzzo dovrebbe rientrare in zona arancione. Rischiano il passaggio da zona gialla ad arancione anche Calabria e Friuli-Venezia Giulia, così come la Puglia, malgrado l’indice Rt inferiore a 1. Sempre di meno, infine, le regioni in zona gialla. La Sicilia dovrebbe ancora rientrare in zona gialla. Nell’Isola, infatti, nelle ultime 4 settimane i contagi si sono mantenuti sostanzialmente stabili. Dovrebbero rimanere in giallo, inoltre, sia il Lazio che la Liguria. La Sardegna, infine, potrebbe rimanere in zona bianca.
In Italia l’Iss certifica una “netta accelerazione dell’epidemia” con una incidenza nazionale che sfiora i 200 (194,87 per 100.000 abitanti) e che potrebbe peggiorare ulteriormente, raggiungendo nei prossimi giorni quota 250. Lo certifica la bozza del monitoraggio settimanale, riferita al periodo 22-28 febbraio.
Si registra, inoltre, un forte aumento nel numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione: 41.833 contro i 31.378 della settimana precedente. In calo, invece, la percentuale dei casi rilevati attraverso il tracciamento dei contatti (28,8% rispetto al 29,4%), così come la percentuale di casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (35,2% vs 36,1% la settimana precedente).
Anche gli ospedali, infine, sembrerebbero ancora più in crisi. Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è complessivamente in aumento (26% contro il 24% della scorsa settimana). Inoltre, il numero di persone ricoverate in terapia intensiva è in risalita da 2.146 della settimana scorsa a 2.327 (il dato è riferito al 2 marzo). Aumenta anche il numero di persone ricoverate in aree mediche, passando da 18.295 (23/02/2021) a 19.570 (02/03/2021).
Il dato più sconfortante, tuttavia, arriva dal bilancio dell’ultimo anno. A causa della pandemia si sono registrati 108.178 decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019 (21% di eccesso). Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
L’aumento della mortalità, così come quello della casistica tra prima e seconda ondata, ha portato a una crescita dei decessi del 14,5% al Nord, del 6,8% al Centro e del 5,2% nel Mezzogiorno.
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