Mantenere chiuse aule studio e sale lettura potrebbe creare problemi ai fuorisede in una città dove spesso mancano spazi pubblici dove studiare, ma molti atenei in Italia e all'estero hanno fatto scelte opposte.
Ancora pochi giorni e a Catania l’università potrà finalmente riaprire. Riapriranno le aule, riprenderanno sia i laboratori che i tirocini in presenza. Anche gli esami scritti, se la Sicilia rientrerà in zona gialla, si svolgeranno tra i locali dell’Ateneo. Tutto aperto, quindi, o quasi. Nonostante la ripresa delle attività didattiche, infatti, sale studio e sale lettura rimarranno ancora chiuse, come avviene già dall’inizio della pandemia con poche soluzioni di discontinuità.
La chiusura delle aule studio è un problema che torna ciclicamente quando si parla di ripresa della vita accademica, e non perché gli studenti siano poi così affezionati al sapore del caffè della macchinetta. Con le lezioni in presenza, anche se al 50%, si ripropone la questione della frequenza in aula anche per i pendolari e i fuorisede, che hanno diritto tanto quanto i colleghi con una casa in affitto o residenti a Catania di poter frequentare le lezioni senza rimanere relegati alla DaD. Diritto, però, che viene ostacolato quando non ci sono posti dove poter studiare dopo la lezione, o quando bisogna aspettare anche ore prima che passi la coincidenza per il treno o il bus successivo per tornare a casa.
Altro problema si pone per laureandi e studenti di dottorato. La chiusura delle biblioteche, aperte solo per il servizio di prestito e restituzione dei libri, ha reso difficile la ricerca del materiale bibliografico, fondamentale per l’attività di ricerca, frenando la carriera accademica degli studenti proprio quando il traguardo sembrava più vicino. Certo, oltre alle risorse online ci sono le biblioteche aperte sul territorio, ma alle difficoltà contingenti di questo periodo si aggiunge, da parte degli studenti, una scarsa conoscenza dei servizi offerti.
Le aule studio universitarie di Catania sono chiuse ormai da mesi. Un tentativo di apertura c’è stato a inizio ottobre, con l’iniziativa di alcuni dipartimenti. A Economia e Impresa, per esempio, le aule studio sono state aperte su prenotazione, attiva per tre giorni e valida per la settimana successiva a quella di riservazione del posto. L’esperimento è durato poche settimane, finché anche la Sicilia non è stata travolta dalla seconda ondata.
Chiuse anche alcune aule studio gestite da terzi, come la StUdenz in zona porto, mentre non si hanno aggiornamenti dall’aula studio dei gesuiti alla parrocchia del Crocifisso dei Miracoli. Hanno riaperto di recente, dopo la chiusura durata tutto gennaio, le aule studio gestite dall’ERSU Catania, come quelle della Cittadella o della residenza Centro (in quest’ultimo caso, però, la riapertura è legata agli universitari presenti nella casa dello studente). Nelle aule gestite dall’ente regionale per il diritto allo studio manca un sistema di prenotazione, ma la mascherina è obbligatoria durante la durata della permanenza e può sedersi solo una persona per tavolo.
Tuttavia sembra difficile, con poche aule studio aperte e la ripresa delle lezioni al 50%, che sia possibile garantire il servizio senza rischiare assembramenti. Per risolvere il problema, basta adottare anche a Catania una soluzione ampiamente sperimentata sia in Italia che nel resto d’Europa.
La prenotazione del posto in aula studio tramite app non è una novità, ma presenta un vantaggio essenziale. Permette, infatti, di mantenere la tracciabilità delle presenze in aula, così da favorire le attività di contact tracing in caso sia necessario.
In tanti stati europei aule studio e biblioteche restano aperte così da mesi, ma anche in Italia città e atenei hanno cominciato ad attrezzarsi. A Rimini a breve riapriranno le aule studio bibliotecarie, cui si potrà accedere prenotando online o via telefono. A Bari, invece, dall’1 febbraio è attiva l’app SalaUNIBA, per prenotare il posto per sale di lettura e sale di consultazione specialistica.
Questa è la situazione a Parigi, raccontata da Agatino, catanese ma in Francia per il suo dottorato: la capienza è ridotta al 50% e i posti sono distanziati, non è possibile lavorare in gruppo. A ogni studente viene assegnato un numero appena arrivati e bisogna mantenere il posto assegnato. “Ci sono regole rigide ma funziona – spiega –. Personalmente, si lavora bene e si può continuare a fare ricerca, cosa che in Italia è difficile”.
Situazione simile anche a Bruxelles. “Nel mio campus ci sono due biblioteche e un’aula studio non silenziosa – racconta Fabiana, studentessa all’ULB –, quindi chi ha bisogno di fare dei lavori di gruppo online può andare lì. Poi ci sono gli spazi silenziosi, messi a disposizione nel momento in cui le biblioteche si riempiono troppo, cosa che non sta succedendo al momento. C’è l’app per prenotarsi, ma bisogna riservare il posto per un tot di ore così da controllare chi entra e chi esce“.
Esempi simili dimostrano come Paesi e regioni con situazioni sanitarie raffrontabili a quella siciliana si siano mossi in tempo per permettere ai loro studenti di continuare a vivere le università. Anche a Catania, come ricordavamo prima, il metodo è stato sperimentato per un breve periodo e potrebbe essere riproposto in maniera capillare ed efficace. Al momento, con la sessione d’esami ancora in corso e le lezioni che riprenderanno a metà regime solo a marzo, la riapertura delle aule studio forse non è ancora un’urgenza. Però sarà importante farsi trovare pronti e non chiudere le porte agli studenti quando chiederanno, dopo mesi, di poter studiare nel loro ateneo.
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