L'Assemblea regionale siciliana ha approvato un ddl per abolire il numero chiuso per i corsi di laurea in Medicina e sanitari. Il testo è stato approvato con 44 voti favorevoli e uno contrario.
“Il numero chiuso ha prodotto conseguenze negative per il sistema universitario e l’intero Paese, che già presenta un numero complessivo di laureati inferiore a quello degli altri Paesi europei, con le evidenti ricadute in termini di competitività e capacità d’innovazione”.
Proprio per questa motivazione la Regione Sicilia chiede l’abolizione del “numero chiuso” per i corsi di laurea a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria, Medicina veterinaria, attraverso un ddl approvato ieri, in serata, dall’Assemblea siciliana. Si è mostrato favorevole anche l’assessore regionale all’istruzione, Roberto Lagalla. Il disegno legge è stato approvato con 44 voti a favore e soltanto uno contrario.
Il disegno di legge era stato precedentemente approvato dalla Commissione Cultura. Dopo l’ok dell’Ars, verrà il turno delle Camere, dato che l’università è una competenza dello Stato.
“Le pesanti restrizioni – si legge ancora nel testo del ddl – hanno condotto, per un verso migliaia di studenti a iscriversi a corsi promossi da Università di altri Paesi europei, costringendo le famiglie a sostenere oneri pesanti, e peraltro determinando la costante insorgenza di contenziosi di fronte alle giurisdizioni amministrative in merito all’ammissione ai corsi” per non parlare, inoltre, della mobilità forzata e dispendiosa in termini economici che una selezione su scala nazionale ha imposto, per anni, agli studenti.
L’Assemblea siciliana ha inoltre fatto esplicito riferimento alla condizione pandemica odierna e alle conseguenze che le restrizioni per i Cds in Medicina e discipline sanitarie hanno generato: “La conseguenza più grave e paradossale – si legge ancora – emersa in tutta la sua attualità durante l’emergenza legata alla pandemia da Covid-19, è l’acclarata carenza di figure professionali in campo medico e nell’area sanitaria in genere, generata dagli effetti di oltre 20 anni di restrizioni di accesso e dall’insufficiente dotazione di risorse per le borse di studio per le specializzazioni dei medici”.
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