Gli effetti delle restrizioni anti-Covid si stanno ripercuotendo in maniera decisamente negativa sull’economia siciliana. Secondo i dati di Infocamere, analizzati dal Centro Studi di Unimpresa, a dicembre del 2020, mancano all’appello oltre 18.000 imprese.
Sono 1.560 le attività turistiche siciliane del settore alberghiero e della ristorazione che hanno chiuso nel 2020 a causa del lockdown e delle numerose restrizioni. Si aggiunge anche il grave danno economico: si stima, infatti, un crollo dei consumi di oltre il 40%. Anche il settore del commercio ha subito un doloroso colpo, tanto da aver visto più di 6.350 imprese chiudere i battenti ancor prima della fine dell’anno.
Tra le Province, Catania ha un triste primato, che con ben 4.577 imprese chiuse rappresenta il 24% delle cessazioni, seguita da Palermo con 4.043 cessazioni e una percentuale di oltre il 21% e Messina con 2.052 cessazioni e una percentuale di oltre il 10%.
“Sicuramente è importante far notare – ha dichiarato Salvo Politino, il Presidente di Unimpresa Sicilia – come numerose imprese del commercio si siano riorganizzate, esercitando la propria attività attraverso l’e-commerce“.
Un saldo positivo e con un’inversione di rotta rispetto al 2019 si registra dal comprato dell’edilizia, con più di +780 unità . dalla crisi sono state colpiti anche il lavoro dipendente e le assunzioni: i dati analizzati da Anpal e Unioncamere, mostrano come la Sicilia, a fronte delle 191.610 unità di personale previste in entrata su tutto il territorio nazionale per il mese di Dicembre, con 10.260 unità rappresenta il 5% e si colloca al 10° posto su base nazionale, con un calo del 31% rispetto allo stesso mese del 2019.
Tra le province, Palermo con 2.940 unità si colloca al primo posto, seguita da Catania con 2.620 unità e da Messina con 1.180 unità . In Sicilia, nel mese di dicembre, secondo le previsioni, le imprese avrebbero dovuto assumere circa 6.360 unità , con un calo del 32% rispetto allo stesso mese del 2019. “I dati fin qui esaminati – continua Politino – evidenziano una situazione ad altissimo rischio per l’economia siciliana“.
Le proiezioni per il 2020 elaborate dal Diste riscontrano in Sicilia un crollo del prodotto interno lordo del 12,5%, con una perdita di 11,7 miliardi di euro rispetto al 2019. Il PIL per abitante scende così a 15.749 euro, 2.250 euro meno dell’anno passato.
La pandemia ha influito negativamente anche sui consumi, che si sono ridotti dell’11,8% per le famiglie e sono pari a 12.467 euro ad abitante, con un calo rispetto al 2019.. Le misure di sostegno non hanno impedito un aumento della povertà .
Anche nel settore dei servizi si segnala un calo del 13,6%, a causa del crollo delle attività collegate a turismo, ristorazione, commercio, attività artistiche e spettacoli. Per quanto riguarda mercato del lavoro, al momento si è posto uno stop ai licenziamenti; scende anche il tasso di disoccupazione dal 20,0% al 17,0%, ma solo grazie alla riduzione dei tassi di partecipazione. La preoccupazione più seria è che le aziende siciliane non hanno più la liquidità sufficiente per la gestione attuale.
“Purtroppo – aggiunge il Presidente Politino – i dati della crisi, se pur devastanti, non sono stati ancora compresi. Basti pensare che il 23% delle aziende italiane ha un capitale circolante negativo con livelli di indebitamento eccessivi. A fronte di un calo di fatturato causato dalla pandemia, una perdita di liquidità ormai evidente e i costi superiori agli incassi, è necessario, con urgenza, mettere in campo la politica dei sostegni veri, rapportati alle perdite del periodo pandemia, senza creare false illusioni“.
Dopo la prima fase di lockdown “bisogna fare i conti – prosegue Politino – con un bilancio dello Stato su cui pesa come un macigno il debito pubblico che supera i 2.200 miliardi e su cui si vanno a pagare oltre i 100 miliardi l’anno di interessi. Il permanere della pandemia fa sì che l’uscita dalla recessione sia incerta nei tempi e possa risultare lenta. Oltre a gestire al meglio la crisi, limitando i danni per la salute dei cittadini e gli effetti negativi sul sistema produttivo, è importante guardare in avanti, al Paese, al sistema economico che vorremmo avere dopo la pandemia e soprattutto alla crescita“.
“Per affrontare una fase di riallocazione dei consumi e della produzione, servono, innanzi tutto, imprese dinamiche che investano, innovino, adattino i propri prodotti a quanto verrà domandato nel mondo del dopo Covid. Servono poi Amministrazioni pubbliche che non ostacolino, ma sostengano questo processo, facilitando la mobilità del lavoro e del capitale, accrescendo la formazione delle risorse umane, coinvolgendo tutte le aree del Paese e le fasce della popolazione. Serve molta capacità progettuale, sia nel settore pubblico che in quello privato. Insomma, oltre al fondamentale vaccino sanitario, è necessaria una cura ricostituente per l’economia con indennizzi rapportati al calo del fatturato e un utilizzo mirato delle risorse europee“.












