La Didattica a Distanza ha, in maniera del tutto improvvisa, rivoluzionato il mondo dell’Istruzione. In che misura tale strumento ha modificato il rapporto tra docenti e studenti e, più in generale, la vita di chi ne usufruisce? LiveUnict ha chiesto un parere in merito ad Elisabetta Sagone, ricercatrice e docente di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l'Università degli Studi di Catania.
Lezioni da registrare, voci di docenti da riascoltare ed esami da affrontare da dietro uno schermo, magari in pantofole. In questo tanto inconsueto quanto complesso anno, gli studenti italiani hanno vestito, senza alcun preavviso, i panni di testimoni dell’incredibile.
E, in futuro, potrebbero raccontare come una pandemia globale abbia costretto ad aggiornare, insieme ai piani, anche il proprio vocabolario personale. Quest’ultimo, di fatto, si è arricchito solo recentemente dell’espressione Didattica a Distanza.
In questi mesi, abbiamo lasciato che fossero soprattutto gli studenti ad evidenziare pro e contro della DaD. Ma come la pensano i nostri docenti universitari? LiveUnict ha chiesto alla Professoressa Elisabetta Sagone, ricercatrice e docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Catania, un parere a riguardo.
La Didattica a Distanza non prevede che studenti ed insegnanti si incontrino all’interno di un medesimo spazio. Si avvale, tuttavia, di un elemento extra, ovvero dell’utilizzo di apparecchi elettronici e connessione internet. Tuttavia, non basta delineare le caratteristiche di questa originale forma di didattica. È anche legittimo chiedersi se avremmo comunque finito per adottare analoghi strumenti nel caso in cui la pandemia non fosse mai esistita.
“Non credo che saremmo passati alla Didattica a Distanza – sostiene la Professoressa Sagone –, poiché è importante il contatto diretto con gli studenti universitari in moltissime circostanze, dalle lezioni frontali alla stesura della tesi di laurea”.
Secondo quanto emerso, poi, da un report degli scorsi mesi, frutto della collaborazione tra Microsoft, PerLAB e Wattajob, il ben 70% dei docenti avrebbe evidenziato alcuni aspetti positivi della DaD, inevitabilmente legata all’avvento del Coronavirus: tra questi, un miglioramento significativo nel proprio rapporto con la tecnologia e conseguenti benefici nello svolgimento della professione.
Tuttavia, secondo quanto indicato dalla docente intervistata, “non era necessario il Covid-19 per, eventualmente, rinnovare o modificare i metodi di insegnamento”.
Da sempre, ogni lezione universitaria si nutre di due fondamentali concetti: il trasmettere dell’insegnante ed il recepire dello studente. Ma quest’ultimo ha davvero imparato come negli scorsi anni? Secondo la Professoressa Sagone, sarebbe ancora presto per delineare un quadro chiaro relativo agli effetti in merito.
“Non credo di poter ad oggi tracciare le conseguenze di questa emergenza sui processi di apprendimento negli studenti universitari– ammette la docente – ; certamente, dipenderà dal tempo in cui gli studenti saranno impegnati in questa differente modalità di studio e dalle loro strategie di apprendimento”.
Inoltre, ci chiediamo mai quanto tempo sia passato dall’ultimo caffè offerto ad un collega, dalla più recente pausa pranzo condivisa o dal ricevimento meno lontano nel tempo? La maggior parte degli studenti guarda a questi abituali “riti” quotidiani come a dettagli appartenenti ad un’esistenza ormai troppo lontana. E anche chi siede dall’altro lato della cattedra dimostra di comprendere la nostalgia nei confronti dei giorni precedenti la pandemia.
“Dal punto di vista della socialità, probabilmente, agli studenti mancherà il confronto interpersonale con gli altri colleghi e con i loro docenti, che, sappiamo essere una parte importante del loro percorso di studi, come si evince dagli ultimi dati Almalaurea – ha dichiarato la Professoressa Sagone – .La DaD ci priva di un aspetto imprescindibile nella relazione educativo-formativa tra insegnante-allievi, cioè la capacità di ‘andare oltre l’informazione data’, come direbbe Jerome Bruner”.
L’Istruzione è, per definizione, l’elemento in grado di rendere concreta l’eguaglianza tra le persone. Questo principio resta valido nell’anno in cui sono state accantonate le lezioni frontali?
Quel che è certo è che la DaD trascina con sé, tra il resto, il bisogno di possedere in casa alcuni strumenti mai scontati per le famiglie soggette a svantaggio economico, sociale e culturale. Per tale ragione, si parla di divario digitale.
“Certamente, coloro che non possono fruire, per differenti motivazioni, in maniera adeguata e funzionale dei dispositivi idonei alla partecipazione alla DaD (pc, tablet, reti wifi, ecc.) – ha precisato la docente – hanno maggiori difficoltà nell’essere parte attiva di questo differente e virtualmente complesso modo di vivere il percorso accademico”.
D’altro canto, bisognerà ammettere che la tecnologia ha permesso a categorie particolari quali, per esempio, quella dei fuori sede, di restare al passo con lezioni ed esami.
Secondo le ultime indiscrezioni, al termine delle vacanze natalizie (e più precisamente il 7 gennaio), il 50% degli studenti delle superiori dovrebbe tornare a popolare i corridoi degli istituti. Ancora incerto appare, inoltre, il destino degli universitari. Bisognerà attendere ancora per scoprire se l’innovazione, che il Covid-19 ha inevitabilmente spinto a scoprire, verrà definitivamente riposta nel cassetto o, seppur in parte, mantenuta.
“Personalmente, non sono mai stata del tutto contraria o del tutto favorevole alla DaD, poiché ritengo che sia opportuno considerare i pro ed i contro di ogni esperienza – ha continuato la Sagone-. Salverei la DaD per la possibilità di raggiungere anche gli studenti ‘più lontani’, di insegnare in classi più numerose, di non abbandonare i lavoratori che vogliano coniugare studio e attività professionale; di contro, però, boccerei la DaD per l’impossibilità di condurre prove in itinere supervisionate, attività laboratoriali, esami di profitto e di laurea, colloqui con i tesisti.
Auguro a me stessa ed ai miei studenti – ha concluso l’insegnante – di ritornare presto a sentire il ‘batticuore nell’incontro con l’Altro-da-sé’, il ‘proliferare delle idee che generano crescita’ e la ‘curiosità della scoperta’, valorizzando il tempo presente e quello futuro.”
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