Dai dati Istat emerge la grave crisi che numerose imprese italiane stanno affrontando in questi mesi. Circa 17 mila imprese, infatti, prevedono di non aprire e la situazione più grave è quella delle attività del sud Italia.

La chiusura temporanea di molte attività produttive e il blocco di numerosi settori di attività ha condotto alla crisi tantissime imprese del nostro territorio. Il fatto che molte imprese siano state costrette a chiudere in questi mesi è ormai noto ma leggere i dati rende ancora più evidente l’entità e la gravità del problema.
In particolare, l’Istat ha intervistato oltre un milione di imprese tra ottobre e novembre e ciò che è emerso è che quasi il 70% delle imprese è in piena attività nonostante la pandemia, mentre il 7% è chiusa. Il 7% corrisponde a circa 73mila imprese, che pesano per il 4% dell’occupazione, tra queste 17 mila imprese non prevedono di riaprire.
Tra giugno e ottobre, inoltre, oltre due terzi delle imprese italiane (hanno avuto riduzioni di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019. Il 37,5%, però, ha richiesto il sostegno pubblico per liquidità e credito e lo ha ottenuto nell’80% dei casi.
L’85% delle attività produttive “chiuse” sono microimprese e appartengono, prevalentemente, al settore dei servizi non commerciali. Ma, i settori in assoluto più colpiti dalle chiusure sono i settori delle attività sportive e dell’intrattenimento, seguiti dai settori dei servizi alberghieri e ricettivi e dalle case da gioco. Si tratta, ovviamente, delle attività che in questo periodo sono state chiuse più a lungo.
Inoltre, una parte significativa delle imprese attualmente chiuse sono quelle appartenenti al settore della ristorazione e del commercio al dettaglio.
Tra le imprese attualmente non operative, a maggior rischio di chiusura definitiva sono quelle del Mezzogiorno. Infatti, ben il 31,9% delle imprese chiuse al Sud prevede di non riaprire.
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