Sconveniente l'episodio che ha visto protagonista la stilista Cori Amenta. Un caso di transfobia quello che l'ha pubblicamente umiliata durante i consuetudinari controlli.
Cori Amenta, stylist e designer attiva a Milano, ha denunciato attraverso il suo profilo Instagram un caso di transfobia che l’ha direttamente interessata pochissimi giorni fa, in Sicilia, presso l’aeroporto Fontanarossa di Catania.
La donna aveva da poco subito un lutto e, dunque, poco disposta com’era agli inconvenienti, decide di facilitare le operazioni di controllo consuetudinarie togliendo preventivamente ogni indumento e accessorio che avrebbe potuto far suonare il metal detector. L’apparecchio, però, a causa di un anello accidentalmente dimenticato, dà l’allarme e Cori, accortasi prontamente del problema, comunica al funzionario lì presente che lo avrebbe tolto nell’immediato.
L’uomo rileva la profonda voce della donna e divertito, sceglie di avvisare i colleghi, con fare divertito, urlando espressioni poco lusinghiere: “Vieni qua subito! Ci sono calamari, ci sta il signor calamaro!”. In Sicilia, simili appellativi, “calamaru”, “puppu”, “serve il prezzemolo”, “porta il limone”, sono tutte espressioni che, come precisato dalla donna, sottintendono un’unica vera offesa: frocio. La donna ha subito una vera e propria pubblica e gratuita umiliazione, se si tiene conto anche dei numerosi passeggeri in coda per i controlli che sono stati costretti ad assistere.
La stilista, una volta allontanatasi per avviarsi verso l’imbarco del suo volo, constata che le risatine di scherno da parte degli addetti ai controlli non cessano. Con l’intenzione di denunciare il gravissimo atto discriminatorio appena subito, estrae il cellulare, chiedendo i dati dei suoi schernitori. Al rifiuto di dare le proprie generalità da parte di questi, la donna si è rivolta alla Polizia per chiedere aiuto: “Quello che è accaduto dopo, non me lo sarei mai aspettato. In cinque mi hanno accerchiato, intimandomi a lasciar perdere e minacciandomi di farmi perdere l’aereo se non l’avessi fatto. Hanno anche detto che avrei fatto molto, molto bene ad andarmene”.
“Per lo Stato Italiano – continua la stilista – io sono una donna a tutti gli effetti, anche sui documenti. Vivo da dieci anni con il mio compagno, non ho mai dato fastidio a nessuno. Trovo assurdo dover fare questi video. In un momento in cui si contesta che ci possa essere o meno una legge contro l’omotransfobia e le discriminazioni, io mi chiedo: se chi mi dovrebbe proteggere è il primo che mi insulta urlando in un aeroporto, di chi dovrei fidarmi?”
Cori Amenta si dice fiduciosa nei confronti della legge e dei canali di trasmissione attraverso i quali il suo sconveniente episodio, come tanti altri, può trovare una cassa di risonanza: “Ritengo sia giusto scardinare questo concetto così maschilista, così cattivo, così piccolo”.
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