Oltre ai danni polmonari, il Covid-19 provoca danni permanenti in altre parti del corpo e può causare l'insorgere di altre patologie. Ecco lo studio.

Immagine di repertorio.
Il virus con cui facciamo i conti da mesi è più dannoso di quanto sembra, non tanto per la maggiore o minore aggressività con cui può colpire il nostro organismo, quanto per i segni che può lasciare. Secondo una recente ricerca australiana, il virus lascia una vera e propria “firma biochimica” che è simile a quella di un insieme di malattie quali il diabete, la disfunzione epatica, l’infiammazione acuta e, a volte, anche accresciuti danni cardiovascolari.
Già si sapeva che il virus, provocando la polmonite nei casi più gravi, lascia delle cicatrici permanenti nei polmoni. Tuttavia, a quanto pare non sono quelli gli unici organi colpiti. L’Australian National Phenome Centre (Anpc) della Murdoch University di Perth, in collaborazione con l’ Addenbrookes Hospital di Cambridge, ha individuato il tutto analizzando il plasma sanguigno di alcuni soggetti in via di guarigione dal Covid-19. Da questi studi è stata individuata “una firma biochimica molto forte nella positività al virus, che non è direttamente connessa alla malattia polmonare” ha affermato il direttore del Centro e docente della Murdoch University Jeremy Nicholson, al quotidiano The Australian.
Dunque, anche quando si riesce a guarire dal virus, gli effetti che questo lascia nell’organismo sono irreversibili. C’è un alto rischio che il paziente guarito possa riscontrare delle malattie croniche come diabete, disfunzione epatica e un cambiamento massiccio nelle lipoproteine identificate come legate a malattie coronariche e rischi cardiovascolari.
“L’attenzione si concentra sul primo fronte di questa malattia – ha dichiarato Nicholson – sulla sua diagnosi e cura, e sui gravi problemi polmonari che si verificano in alcuni pazienti. Tuttavia milioni di persone nel mondo hanno contratto il virus, molti non lo sanno e tanti potranno subire gravi effetti di lungo termine sulla salute, come risultato dell’infezione”.
A tal proposito, il medico, in collaborazione con l’ Anpc, ha dichiarato di star lavorando ad un test diagnostico che si possa applicare allo screening di individui che prendono parte alle sperimentazioni cliniche di vaccini.
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