Sabato si è tenuto il secondo appuntamento del Critical Mass Catania, movimento che nasce negli anni '90 e si batte per molte cause. Sono stati un centinaio i ciclisti che hanno attraversato le vie principali della città, rallentando il normale flusso di traffico. Attilio Pavone, storico attivista, ha parlato ai nostri microfoni, raccontando la storia di questo movimento qui a Catania e la situazione attuale sulla mobilità urbana.
Sono state numerose le adesioni al secondo appuntamento dell’iniziativa urbana del Critical Mass Catania. Tramite il tam tam dei social, infatti, più di cento persone si sono date appuntamento in piazza Università per la pedalata in città. Non è la prima volta che quest’anno Catania viene inondata dalle due ruote: il primo appuntamento è avvenuto lo scorso 14 giugno e i partecipanti hanno percorso tutto il viale Kennedy. Dopo il successo di giugno, i promotori dell’iniziativa hanno deciso di replicare anche a luglio, con un giro diverso. Questa volta i ciclisti hanno attraversato le vie del centro storico per sfociare in Corso Italia e Viale Africa per poi approdare al porto. Il giro si è concluso al duomo.
Il Critical Mass nasce a livello internazionale nel 1992, quando meno di 50 ciclisti decisero di incontrarsi a San Francisco. Il successo di questo movimento crebbe soltanto nelle edizioni successive: durante il secondo appuntamento le adesioni raddoppiarono. In Italia bisognò aspettare qualche anno prima che l’ondata di bici invadesse le grandi città: nel 1999 iniziò Pisa e poi seguirono Milano, Roma, Bologna, Torino e il Sud, rappresentato da Bari, Pescara e Catania. In queste città gli appuntamenti del movimento ciclistico hanno avuto una regolare cadenza settimanale o mensile durante i primi anni del 2000, che furono un successo. Col passare del tempo, però, le pedalate cominciarono a calare, fino a stopparsi radicalmente. A Catania toccò questa sorte.
Ma nonostante ciò, durante gli anni sono subentrati altri gruppi ciclistici, alcuni anche di natura politica. Nel caso specifico della nostra città, il testimone è passato alla Fiab Catania, al gruppo di Ruote Libere e Salvaciclisti. Dopo un lungo periodo di silenzio, quest’anno è tornato il Critical Mass a Catania, pensato durante i tre mesi di lockdown e organizzato in piena Fase 2. All’evento hanno aderito molte associazioni, tra cui la già citata Salvaciclisti. Uno dei suoi membri storici è Attilio Pavone, che assieme all’aiuto di altri coetanei ha portato il Critical Mass a Catania durante gli anni 2000.
I motivi della protesta pacifica sono tanti e riguardano l’individuo in prima persona, nel momento in cui esce di casa. Non solo diritti urbani per i ciclisti, dunque, ma anche fare maggior chiarezza sugli investimenti dei pedoni e il loro transito sulla carreggiata, che spesso non è assicurato da piattaforme adeguate, come marciapiedi e banchine. “Nel momento in cui scendiamo dalla macchina siamo tutti pedoni – ha esordito così Attilio Pavone all’inizio della nostra intervista – È uno status che ci accomuna. E come tali abbiamo tutti gli stessi diritti e doveri da rispettare anche quando non lo siamo, perché ci troviamo a bordo di un veicolo, di un motociclo o di un mezzo pubblico”.
E a proposito di mezzi pubblici, l’attivista ha aperto una parentesi su tali servizi a Catania: “Non si tratta soltanto di rivendicare delle piste ciclabili – ha dichiarato Attilio Pavone -. Una città, per progettare e garantire la mobilità sostenibile, deve innanzitutto partire dai mezzi pubblici. Qui a Catania rimangono numerose difficoltà: ad esempio, in quest’ultimo anno abbiamo assistito all’accorpamento di linee dell’AMT in un’unica per motivi economici ben noti. Invece di puntare all’aumento dei mezzi, dunque, si preferisce tagliare questi servizi che sono alla base e indispensabili alla sopravvivenza della vita urbana della città“.
Il ruolo delle nuove generazioni è ancora incerto sull’argomento, anche se sui social l’atteggiamento propende molto sulle linee green. “Non ho visto giovani sposare nella pratica questa causa – continua l’attivista – però su Internet si vedono tanti paladini ecologici. Manca la pratica, soprattutto dagli studenti universitari, che hanno smesso di lottare per difendere i propri diritti. Noi ormai abbiamo segnato un’epoca, abbiamo cinquant’anni a testa e qualcosa in più e abbiamo dato. Ma a chi dovremmo passare il testimone se non vi è alcuna presenza e partecipazione ad iniziative del genere?”.
E sulla recente decisione dell’Università di Catania, che ha posto fine agli abbonamenti gratuiti per autobus urbani e metro, ha commentato così: “Non so se sia un male o un bene, dato che gli abbonamenti degli studenti dei due scorsi anni accademici erano addebitati sulle tasse e sono stati spacciati per gratuiti. Fossi stato uno studente mi sarei arrabbiato, perché ritengo ingiusto pagare un servizio che io posso scegliere o meno di usare”.
Da tempo le politiche europee si sono mostrate ben disposte a voler contribuire nella conversione ecosostenibile, mettendo a disposizione degli Stati fondi economici per progetti in materia. In Italia, in seguito all’emergenza mondiale, si è deciso di lasciare un piccolo spazio su tale materia, inserendo nel Decreto Rilancio il bonus biciclette, che già dal primo giorno ha fatto registrare ai commercianti di articoli ciclistici un ingente incremento delle vendite. Ma a Catania, a distanza di quattro anni dalla consegna alla cittadinanza della pista ciclabile del Lungomare, non c’è stato alcun tentativo valido per continuare il cambiamento. “La questione della mobilità sostenibile è stata strumentalizzata dalla politica, che vuoi o non vuoi si schiera a favore o contro. L’Europa è dalla nostra parte – ha affermato Pavone – anzi, ci spinge a fare dei passi concreti verso tali linee. A Catania manca la volontà di presentare un progetto concreto per sbloccare e accedere ai fondi europei destinati a questa categoria. Basta davvero poco”.
Restando sempre in tema attualità, lo storico manifestante si è espresso anche sulla new entry nel car-sharing, che ha preso il posto di Enjoy, ovvero AmiGO, servizio offerto dall’Azienda Metropolitana Trasporti. “Questa è la conferma che l’Amministrazione è propensa su un’altra idea di mobilità sostenibile, – conclude il membro di Salvaciclisti – che di sostenibile ha ben poco. Il cittadino lascia la macchina per prenderne un’altra. Si è indirizzati verso l’uso e il consumo sull’auto e non di altri mezzi alternativi.”
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