Coronavirus, il vaccino potrebbe non bastare. Avanza l'ipotesi una ricerca del Programma di ricerca sui vaccini dell'Istituto americano per le malattie infettive diretto da Anthony Fauci.
Coronavirus. Ad avanzare l’ipotesi ci penserebbe una lettera, pubblicata sulla rivista dell’associazione dei medici americani, Jama, da Mary Marovich e John R. Mascola, entrambi del Programma di ricerca sui vaccini dell’Istituto americano per le malattie infettive (Niaid) diretto da Anthony Fauci, e da Myron S. Cohen, dell’Istituto per le malattie infettive dell’Universita’ del North Carolina a Chapel Hill. Il vaccino da solo forse non sarà sufficiente a sconfiggere il virus SarsCoV2 e dovrà essere affiancato da altre armi, in particolare dagli anticorpi monoclonali: farmaci di precisione capaci di neutralizzare il virus disinnescando la sua arma principale, ossia la proteina Spike che usa per aggredire le cellule.
Finora, rilevano gli esperti, gli anticorpi monoclonali hanno ricevuto una scarsa attenzione ma “hanno le potenzialità per applicazioni sia terapeutiche sia preventive e potrebbero essere di aiuto nel guidare la progettazione e lo sviluppo dei vaccini”. Cercare farmaci che aiutino a sostenere l’immunità e fronteggiare il virus fino all’arrivo del vaccino è una necessità, ma non si esclude che i vaccini possano avere bisogno di un sostegno.
Troppo poco si sa ancora, infatti, sulle reazioni del sistema immunitario umano al nuovo coronavirus e a sollevare qualche riflessione in questo senso ha contribuito un recente articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine che ha dimostrato come gli anticorpi anti SarsCoV2 comincino a ridursi a circa tre mesi dal contagio. Dalla ricerca, che ha senz’altro bisogno di verifiche con numeri maggiori, “emerge che c’è una diversa risposta nella quantità di anticorpi prodotti”, osserva il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, in prima fila in Italia nella ricerca sugli anticorpi monoclonali con il gruppo della Gsk vaccine diretto da Rino Rappuoli.
“Lo studio di Nature Medicina – prosegue Novelli – indica che c’è un’enorme eterogeneità della risposta individuale al virus. È un punto sul quale non ci sono risposte precise e che richiede un approfondimento”. In attesa di ulteriori studi in questa direzione, “è chiaro che servono degli anticorpi monoclonali neutralizzando e che questi vanno fatti insieme al vaccino. Anche se avessimo un vaccino efficiente, ci vorrebbero settimane prima di avere risposta immediata e in questo intervallo di tempo gli anticorpi potrebbero aiutare a limitare la progressione della malattia”. È importante “avere una seconda arma”.
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