Vincenzo Bellini: la storia del Cigno catanese, dell’omonimo Teatro e della Norma

Il 31 maggio del 1890 il Teatro Massimo Bellini di Catania venne inaugurato, tra l'ammirazione dei cittadini: la prima serata fu dedicata all'omonimo compositore catanese, mettendo in scena la sua Norma.

Quando si parla di Catania, una delle associazioni mentali più comuni è di certo quella con il compositore Vincenzo Bellini. Infatti, fu proprio la città etnea a dare i natali al celebre operista dell’Ottocento. E tra le sue opere più famose è presente anche la “Norma”, altro nome caro alla tradizione catanese anche per l’omonimo esempio culinario diventato un vero e proprio simbolo della città etnea. Considerato il forte legame della città con il compositore, non stupisce dunque che il suo teatro lirico sia intitolato proprio a Vincenzo Bellini e che la sua inaugurazione, avvenuta il 31 maggio 1890, venne celebrata proprio con la messa in scena della Norma. In occasione dell’anniversario dell’inaugurazione del teatro lirico catanese, ecco quindi il racconto della storia del compositore, del Massimo Bellini e della Norma.

Bellini e Catania

La vita di Bellini può essere facilmente descritta come breve ma intensa. L’uomo infatti visse solo 34 anni, ma la sua esistenza non si può non definire piena di eventi. Bellini ebbe infatti modo di visitare diverse città nel corso degli anni, fu anche abbastanza attivo nella vita mondana e si immerse sin dalla giovane età nel fastoso ambiente musicale.

Infatti, il giovane compositore non passò mai inosservato tra i salotti buoni del tempo. A tal proposito, si racconta che Bellini fosse un ragazzo avvenente, alto e slanciato, dai capelli di un biondo-rossiccio e dagli occhi chiari. Il compositore catanese avrebbe infatti fatto battere il cuore a molte dame del tempo, anche se risulta che il suo primo amore fu quello per una ragazza conosciuta a Napoli, ostacolato dal padre di lei che non voleva concedere la figlia in sposa ad un “suonatore di cembalo”.

Forse non molti sanno che il talento e la passione di Vincenzo Bellini per la musica si possono definire come ereditati. Infatti, Bellini visse il primo periodo della sua vita nella città natale Catania, a stretto contatto con il nonno Vincenzo Tobia Nicola Bellini, il quale fu un celebre compositore di musica sacra ingaggiato dal mecenate catanese Ignazio Paternò-Castello V principe di Biscari. Inoltre, il padre di Vincenzo Bellini fu anch’egli compositore, anche se non raggiunse il livello del genitore o del figlio.

Vincenzo Bellini

Il successo: Napoli, Milano e Parigi

Essendo quindi immerso nel mondo musicale sin da quando era in fasce, Bellini si recò a Napoli neanche ventenne per continuare gli studi musicali nel Real Collegio di Musica di San Sebastiano, grazie anche al supporto di una borsa di studio concessa dal senato civico. Già dal momento dell’arrivo a Napoli iniziarono le avventure che Bellini visse nell’arco della sua breve vita: sembra infatti che durante il burrascoso viaggio in mare da Messina alla città vesuviana a causa di una forte tempesta, il compositore riuscì a scampare un pericoloso naufragio.

L’esperienza napoletana fu molto formativa per Vincenzo, sia a livello artistico che a livello personale. Scrisse le sue prime opere, una andò anche in scena al San Carlo e infine gliene fu commissionata una per la Scala di Milano. La città meneghina per Bellini fu segnata da alti e bassi, ma gli permise di crescere e raggiungere Parigi, con il sogno di proporre una composizione per l’Opéra. Nella Ville Lumière Bellini venne in contatto con i grandi musicisti del tempo, ma un’infezione all’intestino interruppe bruscamente la sua vita.

Vincenzo Bellini fu quindi sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise, dove riposò per più di 40 anni tra Chopin e Luigi Maria Cherubini. Solo nel 1876 la salma fu trasportata a Catania, dove furono celebrate solenni esequie alla presenza dei catanesi, prima di essere sepolto all’interno del Duomo della sua città natale.

Il Teatro Massimo Bellini di Catania

Avendo dato i natali ad un compositore così celebre in tutto il mondo, il teatro lirico della città di Catania non poteva che portare il suo nome. Il Teatro Vincenzo Bellini, noto ai più come Teatro Massimo Bellini è il fiore all’occhiello della città etnea.

Con interni eleganti come fu lo stesso Bellini, il teatro Massimo di Catania è spesso stato descritto come uno tra i più belli al mondo, sebbene non sia uno dei più grandi. A prescindere dal gusto stilistico, il Teatro Bellini catanese ricopre un primato: è tra quelli con la migliore acustica al mondo, come fu affermato dal tenore Beniamino Gigli.

La storia del teatro è molto affascinante e travagliata. Infatti, si trattava di un progetto risalente già al Settecento, ma fu possibile realizzarlo solo alla fine del secolo successivo, grazie all’impegno del celebre architetto milanese Carlo Sada. E alla fine dei lavori, si dovette aspettare ancora un decennio per inaugurare il fastoso edificio, a causa dell’assenza di un degno impresario che lo gestisse. Infine, il 31 maggio 1890 si svolse la serata inaugurale del Teatro Massimo Bellini di Catania alla quale partecipò tutta l’alta società catanese e siciliana, compresi molti personaggi noti dell’epoca. Ma anche il popolo poté prendere parte al grande evento, potendo finalmente accedere e vedere di presenza il nuovo gioiello della loro città portando il nome dell’illustre Bellini, al quale fu reso omaggio selezionando come opera di apertura proprio la Norma.

Interno Teatro Massimo Bellini

La Norma

Una tra le opere più famose di Bellini è certamente la Norma, la quale fu composta in pochi mesi e messa in scena per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel dicembre del 1831. Il libretto fu scritto da Felice Romani, ed è proprio da quest’opera che è tratta la Casta Diva. La prima rappresentazione a Milano fu definita come un fiasco, principalmente a causa della presenza di una claque contro Bellini e la soprano Giuditta Pasta, vale a dire un gruppo di spettatori pagati per dissentire sull’opera.

La storia raccontata nell’opera è ambientata nelle Gallie durante la dominazione romana, e la protagonista è Norma, una sacerdotessa figlia del capo dei druidi e amante segreta del proconsole romano Pollione. Un ulteriore personaggio è quello di Clotilde, la quale si occupa dei cinque figli che i due già citati hanno avuto insieme senza che nessuno lo sapesse. La trama dell’opera riprende anche il mito di Medea, ma il libretto è tratto dalla tragedia “Norma, ou L’infanticide” scritta da Louis-Alexandre Sourmet.

Non ci sono certezze in merito, ma si narra che ci sia una correlazione tra il nome dell’opera e il celebre piatto di pasta al sugo e melanzane fritte tipico della cucina catanese. Tuttavia, esistono diverse spiegazioni: la prima è quella dell’attribuzione del termine da un’esclamazione del commediografo Nino Martoglio, il quale estasiato dopo averla assaggiata la definì Norma paragonandola all’opera di Bellini. Un’altra versione è invece quella della creazione del piatto ad hoc in onore a Vincenzo Bellini da parte di uno chef, in occasione di un ricevimento per la nuova opera lirica del compositore. Di certo, sia l’opera che il piatto sono due colonne portanti della tradizione catanese, ed è quindi possibile che per questo motivo esse vengano correlate l’una all’altra dal popolo etneo, per omaggiare ancora una volta l’illustre cittadino, cigno di Catania.

Libretto Norma
Martina Bianchi

Giornalista pubblicista con una laurea magistrale in Global Politics and Euro-Mediterranean Relations e una triennale in Scienze e Lingue per la Comunicazione, coltiva l'interesse per il giornalismo scrivendo per LiveUnict dal 2018 e coordinando la redazione da maggio 2022. Appassionata di lingue straniere, fotografia, arte e viaggi, ama scrivere di attualità, con un particolare interesse per i diritti e la storia.

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