Sin dall’inizio il governatore Nello Musumeci ha fatto sapere di non voler rinunciare al turismo in Sicilia per il 2020. Una speranza che in molti condividono e che anche il premier Giuseppe Conte, seppur con tutti i condizionali del caso, ha prospettato. “Vogliamo sperare che a giugno, se si apre il passaggio da una Regione all’altra, si possa attivare un minimo di turismo – ha affermato Musumeci ai microfoni di Radio 1 -. Se supereremo questo limite di blocco, in Sicilia saremo felici di ricevere chi proviene dalle altre regioni d’Italia, certo non possiamo pensare a un turismo straniero: ovviamente chi arriverà nell’Isola si dovrà sottoporre alla misurazione della temperatura, dovrà mostrare l’autocertificazione e dovrà rispettare tutte le misure di sicurezza”.
Il turismo in Sicilia, quindi, è una speranza concreta, anche se lo stesso governatore fa capire di sentirsi stretto tra due forze opposte. “Mi sento in trincea e al centro di due partiti: quello di aprite tutto e quello di chiudete tutto – spiega -, abbiamo chiuso l’isola e ridotto l’accesso del 94% e questo ci ha consentito di potere salvare il salvabile. Meno di 300 vittime che comunque sono una sconfitta per tutti e 2.200 positivi con poche decine in terapia intensiva. Guardiamo con ottimismo il futuro ma la partita è ancora in corsa”.
A tal proposito, successivamente anche il presidente della Regione si unisce all’appello nazionale: “Chiediamo al governo di darci delle linee generale all’interno delle quali ogni governatore si possa muovere in funzione della specifica esigenza del territorio. Noi siamo nelle condizioni di potere dire ai barbieri di potere aprire, con le dovute preacuzioni. Per me potevano farlo anche dal 4 maggio. Altro tema è quello dei negozi al dettaglio, un piccolo negozio potrebbe tornare al lavoro”.
E a proposito delle prossime settimane, infine, Musumeci confida in una riapertura differenziata a seconda dell’andamento del contagio. “Sono convinto de da Roma arriverà il disco verde per i governatori di muoversi in base al quadro epidemiologico della propria regione“, conclude.