Si tirano le somme delle prime settimane di chiusura delle scuole in Italia per prevenire la diffusione del Covid-19: Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità, oncoematologo dell’ospedale Bambino Gesù di Roma ed esperto del Comitato tecnico scientifico, ha confermato la possibilità che il provvedimento venga esteso. La chiusura ha consentito di evitare uno stato di emergenza ancora maggiore, limitando fortemente gli spostamenti di giovani e famiglie.
Le stesse misure stanno per essere applicate egualmente negli altri paesi europei coinvolti dalla pandemia: Francia e Spagna, sulla linea italiana, chiudono gli istituti scolastici, “e questo la dice lunga sulla correttezza delle nostre scelte“, sostiene Locatelli, elogiando la tempestività dell’azione nazionale.
I bambini, pur potendo infettarsi eccezionalmente, sviluppano forme severe della malattia ed è perciò necessario ridurre l’impatto clinico-sanitario della pandemia poiché l’offerta di terapie intensive in età pediatrica è decisamente limitata in Italia e se la pandemia si fosse diffusa tra i bambini il sistema si sarebbe trovato a fronteggiare una crisi sanitaria persino maggiore. La chiusura delle scuola ha sicuramente rallentato la trasmissione del virus.
Come mostrato dai dati sulle ex zone rosse di Codogno e Lodi, la riduzione dei casi in seguito al provvedimento è stata netta, consentendo di contenere i contagi, risparmiando vite e risorse. I bambini possono essere fonte di contagio per la famiglia e per i nonni, soggetti maggiormente a rischio, ma non risultano colpiti gravemente dal virus: “nessun paziente sotto i 30 anni è stata vittima di eventi fatali. Quindi bisogna abolire gli eventi ludici dove si ricreano condizioni cui abbiamo voluto sottrarre i bimbi tenendoli a casa“.
Il consiglio del pediatra è evitare ogni incontro con amici e compagni, limitare le passeggiate (in ogni caso da fare nel rispetto del distanziamento sociale), non baciarli e prestare attenzione a possibili infezioni quali tosse, febbre alta o raffreddori.
“Ora il problema è uniformare i protocolli negli ospedali ed evitare la diversità nelle cure. L’agenzia del farmaco Aifa sta lavorando proprio per dare le linee“. Si procede dunque alla creazione di un piano terapeutico unico così che tutte le evidenze di efficacia siano riunite in un ambito ufficiale per non creare false aspettative.
Conclude: “È tempo di responsabilità”.